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Bilancio politico di mezza estate


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Bilancio di mezza estate nei palazzi romani. È la fotografia di un'Italia in bilico che si prepara a un autunno difficile, come dice il ministro Elsa Fornero, e poi a una primavera in cui avremo, sì, le elezioni, ma ben poche certezze sul dopo.
La verità è che il dato positivo di questi mesi è solo uno: la relativa stabilità intorno al governo Monti, ciò che permette al premier una certa libertà di manovra in una fase d'emergenza tutt'altro che conclusa, con qualche risultato rilevante sul piano interno e soprattutto al tavolo europeo. I provvedimenti sulla revisione della spesa rappresentano il sigillo di serietà a un periodo drammatico, ma comportano alcune conseguenze.
La prima è la frustrazione del Quirinale sulla questione dei decreti legge. Oggi non se ne può fare a meno, ha detto in sostanza Napolitano, anche perché il Parlamento (leggi i partiti) non ha saputo approvare nessuna delle riforme necessarie a dare funzionalità al sistema. Purtroppo è così. Il finale di legislatura coincide con un totale scoramento. Nulla o quasi di quello che era stato promesso è andato in porto.
Le forze politiche (Pdl, Pd e Udc) si limitano a offrire un sostegno obbligato a Monti, consapevoli che qualsiasi alternativa sarebbe distruttiva per loro e per l'Italia. Ma non hanno saputo realizzare ciò che il buon senso suggeriva e l'opinione pubblica si attendeva. Forse avremo una mezza riforma elettorale prima di Natale: meglio di niente, ma troppo poco per essere ottimisti circa il domani.
Nessun partito ha realmente conquistato il centro della scena, anche in termini di credibilità; nessuno sembra in grado di esercitare l'egemonia che ai tempi della prima Repubblica fu prerogativa della Dc al governo e del Pci all'opposizione. Si cerca, ma senza mai trovarlo, il baricentro del sistema. Ne deriva che il gioco delle alleanze è, sì, utile per immaginare gli equilibri futuri, ma da solo è insufficiente a garantire un modello politico realmente solido.
Al momento sappiamo che Casini e Bersani (più Vendola) in prospettiva saranno disposti a governare insieme. Ma nessuno può dire quale sarà il peso di questo nuovo centro-sinistra che rischia di essere una versione minimalista di quelli degli anni Sessanta. Dipenderà dai voti, certo, ma anche dalla capacità di esprimere una visione del paese. Casini coglie un punto centrale quando afferma di voler raccogliere tutti coloro che credono nell'esperienza di Monti, ma anche lui sembra muoversi in ritardo e in modo un po' strumentale. Dov'è finito il "partito della nazione" più volte adombrato? È pericoloso confondere le strategie con il tatticismo.
Quanto alla destra berlusconiana, Alfano ieri ha avuto l'accortezza di dichiarare chiusa la piccola polemica sullo "spread". Era logico che così fosse, ma è soprattutto opportuno che il segretario del Pdl abbia portato a Monti delle proposte concrete per il taglio del debito pubblico. I prossimi mesi saranno decisivi al riguardo e le forze politiche saranno giudicate da come sapranno affrontare un simile nodo. In un certo senso si potrebbe concludere che le future alleanze saranno determinate, più che da intese vecchio stile, dal modo in cui i partiti riusciranno a misurarsi con questa urgenza senza precedenti. Il che rende essenziale che nella prossima legislatura l'«area Monti» sia rappresentata in forme adeguate.


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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 9.8.12. per la sezione . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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