Marò/India, un Paese che viola diritto internazionale non può aspirare a seggio permanente all'ONU



Editorialino per Il Tempo

II peccato originale sta tutto in questa domanda: cosa ci facevano i marò sull`Enrica Lexie? È da qui che bisogna partire per affrontare una vicenda che ha visto violare le principali regole di diritto internazionale e ciononostante ha lasciato sola l`Italia. Roma non può agire in solitaria. Serve un`azione forte dell`Europa, politica e non solo giuridica. E non mi riferisco certo a comunicati stampa o dichiarazioni di solidarietà. Bruxelles deve dimostrare che esiste una politica estera dei 28 e presentare, tutta unita, una denuncia formale all`India in seno alle Nazioni Unite. 

Una mossa del tutto prevedibile lo schiaffo arrivato qualche giorno fa dalla Corte suprema indiana. Parliamo di una vicenda che nasce storta sin dal primo giorno. Sin da quando, da ministro degli Esteri, ne12011, chiesi di affrontare il tema sulla presenza di militari armati a bordo di navi mercantili. Fu in occasione di una riunione col ministero della Difesa e con l`associazione degli armatori civili che scrissi una nota di mio pugno in cui spiegavo che senza regole d`ingaggio precise era del tutto folle autorizzare la presenza di militari armati a bordo di navi civili. 
E invece, dopo un anno, ecco verificatosi ciò che tutti temevamo: un comando sbagliato autorizza la nave a entrare nelle acque territoriali indiane. E, ancora più grave, a far scendere i due militari. È mancata, insomma, una catena di comando chiara. Tuttavia non possiamo certo più permetterci di guardare solo al passato. 

Molto tempo è stato perso. Così come non ci si è informati sull`India: non parliamo di una dittatura, ma di un Paese democratico che sostiene l`indipendenza dei propri tribunali. Un Paese la cui Corte ha rinviato, è stata in ferie, ha preso mesi per decidere se si trattava di terrorismo o reato comune, o per scegliere tra la corte di Kerala o di Dehli. Ma che per dire no ad un`istanza che ha un fondamento non solo giuridico ma anche umano e medico, ci ha messo pochissimo. 

C`è un`unica strada da prendere: l`Italia deve chiedere al presidente del Consiglio europeo Tusk e al presidente della Commissione Junker di avanzare una denuncia formale all`Onu nei confronti dell`India, per avere violato, nei confronti di un Paese membro, la regola di diritto internazionale secondo la quale se vi sono militari in servizio su una nave la giurisdizione spetta allo Stato di bandiera dei militari: cioè in questo caso all`Italia e non all`India. 

Infine diciamolo chiaramente. Un Paese come l`India, che viola in questo modo le regole internazionali, non può avere le credenziali per aspirare a un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza. 

*ex ministro degli Esteri attualmente Presidente della SIOI 




18.12.14 | Posted in , , , , , , | Continua »

Marò - Consiglio Europeo chieda all`Onu di denunciare Delhi


"La storia dei marò è nata male. Bisognava internazionalizzare il caso da subito"
"Siamo nelle manid ella Corte Suprema: rinciano sempre, ma per dire di no hanno fatto prestissimo"

Intervista di Franco Frattini ad Avvenire, di Luca Liverani

Ormai lo posso dire, visto che sono passati più di tre anni. Da ministro degli Esteri, alla Difesa e agli armatori italiani dissi che senza regole chiare non autorizzavo la presenza di militari italiani su navi civili». L`ex ministro degli Esteri Franco Frattini, oggi presidente della Società italiana per l`organizzazione internazionale (Sioi) interviene «da giurista» per dire che la storia dei marò «è nata male». E che ora «l`unica via per uscirne è un atto politico formale dell`Unione europea, che chieda all`Onu di dire all`India che non ha la giurisdizione per giudicare dei militari italiani». E un Paese che agisce così «non ha le credenziali per aspirare a un seggio nel Consiglio di sicurezza. Ma scherziamo?». 

È sorpreso dal no indiano alle richieste dei nostri marò? 
Decisione assolutamente prevedibile. La cosa nasce storta fin dal primo giorno. Da quando fu commesso l`errore capitale di autorizzare la nave a entrare nelle acque territoriali. E, ancora più grave, a far scendere i due marò dalla nave che non sarebbe stata certo assaltata dall`India, trattandosi di territorio italiano inviolabile. È mancata una catena di comando chiara che indicasse chi decide, in caso di crisi, a bordo di un naviglio civile con militari, in missione antiterrorismo. Ormai sono passati oltre tre anni e le posso svelare un retroscena… 

A cosa si riferisce? 
Da ministro degli Esteri avevo affrontato la questione. E nel mio fascicolo, nell`ultima riunione col ministero della Difesa e l`associazione degli armatori civili, avevo annotato di mio pugno: "Senza regole di ingaggio chiare io non consento e non autorizzo che vi sia presenza a bordo di militari armati". Se un armatore privato prende due contractor israeliani o ucraini o albanesi, gli costeranno 1.000 euro al giorno. Con i militari si spende meno, ma si impegna la bandiera italiana. Poi seppi che il presidente Monti recuperò quel fascicolo in cui molti mesi prima non avevo dato il mio consenso. Sono abituato per la mia formazione a studiare gli aspetti giuridici. E avevo capito che se ci fosse stata confusione sulle regole d`ingaggio una vicenda del genere sarebbe potuta accadere. Ed è accaduta, purtroppo. 

Lei da ministro seguì i casi di italiani arrestati… 
Bisogna conoscerla, l`India. È un paese democratico, non una dittatura. Ma la loro "tattica" è sempre stata: "Cosa volete? Abbiamo giudici indipendenti, il processo ha i suoi tempi. E voi italiani ci parlate di giustizia lenta?" Per i marò serviva ben altro. 

Che cosa si doveva fare, ad esempio? 
Internazionalizzare la crisi. Da subito. Non un anno e mezzo dopo incontrando Ban Ki-Moon. O appellandoci a Kathy Ashton perché dicesse mezza parola. E l`India ha risposto: siamo la quarta potenza, tiriamo dritti. Quando sono coinvolti militari in missione, non si tratta di un comune caso penale: le regole internazionali dicono che sono soggetti solo alla giurisdizione del loro Paese. 

Perfino nel caso, ben diverso, del Cermis… 
Noi italiani, soffrendo, abbiamo rispettato il principio consegnando i piloti americani agli Usa. 

Ora la questione più che giuridica è politica. 
Siamo nelle mani della Corte suprema indiana. Che ha rinviato, è stata in ferie, ha preso mesi per decidere se era terrorismo o reato comune, o per scegliere tra la corte di Kerala o di Dehli. Per dire di no, invece, sono stati velocissimi. 


E questo ennesimo schiaffo arriva proprio mentre abbiamo la presidenza dell`Ue. 
L’India non si preoccupa affatto chi è presidente di turno. A stento lo sa. Considera solo i rapporti bilaterali. L`Europa per potere contare sull`India deve fare gesti politici. Non serve una nota stampa, ma una dichiarazione congiunta del presidente del Consiglio Tusk e del presidente della Commissione Juncker, a nome dei 28, al segretario generale dell`Onu, perché denunci la violazione di una norma internazionale a carico di un paese dell`Ue. Se no, non ne usciamo. 





17.12.14 | Posted in , , , , , , , | Continua »

Auguri di Buone Feste




16.12.14 | Posted in , , | Continua »

Climate Change and Future Scenarios in the Arctic Region


It is clear to everyone that the prospects for development in the Arctic Region are related to major global issues which are certainly of geostrategic - and therefore political - importance, and obviously refer to the conservation of an extremely fragile area of the world; last but not least in order of importance, they are related to the human dimension of people living in the Arctic, who follow ancient traditions characterized by costumes that we must and we want to absolutely preserve. We are talking of populations that are an expression of different ethnicities who have a secular and even millennial origin, and help us to better know the history of humanity in very ancient times.

In that framework, the role of the Arctic Council can be of orienting, promoting, coordinating positive actions; I would like to stress that Italy is honored to be a permanent observer of the Council, and I remember that, when I was the Minister of Foreign Affairs, I engaged myself to get that important result. Those actions take obviously place in a context where the greatest players in the world are present and actively participate: from the United States of America to China, from the Russian Federation to Canada. Moreover, thanks to the role of the observers, both old and new, that framework is getting richer.

As a consequence, in its meetings the Arctic Council must face not only and not so much the big geopolitical issues which are inherent to the strategic importance of this or that global power in the Arctic context (other bodies are involved in those are matters), but it certainly has the great merit of being the place where different interests confront each other and – I hope – seek a common road.

The issue that perhaps is most dear to me - an Italian who remembers the history of his own country, of his proud countrymen such as Nobile, who opened polar routes so far unexplored - is precisely the theme of the presence, the guarantee of protection, of those Arctic populations, who represent a piece of ancient history of the Mankind. Those populations, from the Inuit of Greenland or the Alaskan, to the Sami in the North of the Scandinavian Peninsula, only to name a few, represent a value and an asset for the whole humanity. They represent cultural, historical heritage and traditions, which we must know better and better in order to respect and protect them. A world that fails to protect those populations would certainly be a very poor world, a world where our children and our grandchildren would live without knowing and without appreciating the treasure of wisdom, culture, respect for nature that those peoples have been able to express for centuries and millennia. 

That's why the other big issue - the environmental protection in the Arctic region, a fragile, very fragile environment - is inextricably linked to the security and the history of those populations. Those people, who live in the Arctic and at the same time “live the Arctic”, to say so, are the first ambassadors and the first guarantors of protection of the environment in which they live. Certainly we cannot decide in Washington or Moscow or Beijing or Rome, the best way in which the environment of the polar bear can be protected, or the best way to protect the Arctic against the destruction of the ice pack. Together with scientists, researchers, and especially with people coming from the Arctic populations, we must necessarily find a way that matches the wise story that for centuries has been able to harmonize hunting for survival with the respect for nature and the respect for the history of those regions. 

Let’s not become excited and let’s not rejoice, while emphatically speaking of opening the passage for commercial ships through the Arctic sea. Obviously, that will open promising trade routes for the economy, but I believe that our action should be first of all oriented to ensure that Arctic sea ice last as much as possible, and not that it break as soon as possible to allow the passage of ships, in favour of large multinational companies. The cost to the world would certainly be much higher than those profits, than that economic opportunity. Environment comes first.

I realize that the exploitation of resources, even those in the subsoil – just think of the extraordinary heritage of Greenland subsoil - are attractive to industry groups, to investors, to countries: however that must not turn the Arctic into a big business of the 21st century.

I wouldn't want to see in the near future an Arctic rush to make havoc of those territories; I would like to see a race to the Arctic to protect that region, to ensure sustainable development, to grant the people for a better life.

There are also aspects of strategic and geo-strategic dimension that are just as delicate. It is no secret that the contrasts between some major powers of the world (the United States, the West, and the Russian Federation) may have repercussions on the race to settle in the Arctic, to ensure strong positions in a devastating new cold war strategy; all of us have the duty to prevent and reduce that danger. We luckily succeeded in managing that situation during the 1990s, and we should try to manage it again in the near future.

For all those reason, the Arctic Council should address an appeal to Governments, to Countries, to States, which certainly have strategic interests we have to take into consideration. However, I believe that, if the leaders of those countries will have a correct vision, they will share the idea that the world will be better if the Arctic won't be once again a land or sea transit for weapons or armaments, but a search site, a place of study, a protected area, a place - if anything – where we must link respect for nature with adventure: a place, in other words, to further enriching the world, and the younger generations, not to impoverishing it.

Hence the role of the observers of the Arctic Council can be important. A role as the one played by Italy, a country geographically far from the Arctic region but that over the decades has been able to participate to the missions of exploration of the North Pole, and later on established a major base at the South Pole, in Antarctica. Then, as an observer, it also promoted research initiatives of great interest and great scientific level. The Arctic Polar base of Ny Alesund (Svalbard), and the Antarctic base at the South Pole are a demonstration of how – despite the great economic difficulties that our country, like everyone else, is going through – Italy confirmed it is an actor in the field of research in the polar regions.

That is the heritage and the commitment that Italy, which is still the President of the European Union for a few weeks, wanted to express by promoting here in Venice the present important meeting dedicated to the Arctic regions.

I want to conclude by saying that for the Arctic, perhaps more than for other regions of the world, or as it is the case of other world regions equally strategic, the vision of a better world cannot and must not be only an economically oriented vision aiming at its exploitation, at profit, at the resources extracted from the subsoil: a vision that looks at the Earth in terms of hoarding rare earths. On the contrary, there must be a rush and a rather positive vision, looking to the human dimension, to children, women, men who grow in the region where their grandparents, great grandparents, and their ancient generations were born, and who have the right to stay there and to live well. Nature there is fragile and unique, and there is nowhere else in the world: therefore we must preserve it, through scientific research, through the reduction of pollution, through the drastic reduction of emissions into the atmosphere. A commitment that, yes, the Arctic Council should invite countries to take with decision, because too little has been done on reductions of greenhouse gas emissions into the atmosphere, and commitments are too weak, particularly those of the polluting great powers (China, the United States, the India)

All of this must be the subject of a vision not limited to the next two years but regarding the next twenty years at least. A region as the Arctic can be preserved, saved, improved if you look at the younger generations, those that are being born today and who have the right to seeing the world of ice, the Arctic world, improved in twenty years from now, not deteriorated and not entrusted to some film footage. We do not have the right to make the world poorer than the one we found.

Franco Frattini

12.12.14 | Posted in , , , , , , | Continua »

Coni:prove dialogo Sport-Ue,politica ne rispetti autonomia

  
Delrio: è cultura
Malagò: su vivai calcio giocato d'anticipo 
Frattini: Commissione UE sia garante contro le discriminazioni e non gerente

"Lo sport non e' solo un pezzo di tempo libero ma parte della cultura di un Paese. La politica deve rispettare l'autonomia dello sport ma questa autonomia deve essere responsabile come trasparenza ed investimento". Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei Ministri, Graziano Delrio apre cosi' il convegno 'La specificita' dello sport e la formazione dei giovani atleti nel diritto dell'Unione Europea' organizzato con il Coni nell'ambito del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione Europea.  

Una prova di dialogo tra la politica e lo sport che rivendica delle tutele nell'Europa della libera circolazione delle merci e degli uomini. "Il percorso di presidenza si conclude in maniera degna con il tema dei vivai e del presente e del futuro delle nostre federazioni- aggiunge Delrio -. Abbiamo bisogno di considerare la specificita' dello sport. Non deve essere mera contabilita' di persone che possono entrare od uscire. Serve una visione complessiva". 

Che e' quella che chiedono tutti gli intervenuti oggi al Salone d'Onore. Il presidente del Coni, Giovanni Malago', ricorda come "sempre di piu' la funzione sociale dello sport rappresenta un must all'interno della vita della societa'". "Bisogna occuparsi dei giovani che devono esser sempre piu' protagonisti. Noi in Italia siamo indietro - dice - e paghiamo problemi anche di natura infrastrutturale ma stiamo dando il nostro contributo". 

Il n.1 dello sport italiano entra poi nello specifico del dibattito, citando i casi delle federazioni a rischio infrazione per i paletti messi ai comunitari: "Ci sono discipline come pallacanestro, pallanuoto, hockey, pallavolo, che sono sotto attacco. Il calcio ha giocato d'anticipo, definendo il perimetro in cui mettere le regole di ingaggio, ma altri sport rischiano di rimanere penalizzati, cio' puo' inficiare la competitivita' delle Nazionali. Bisogna trovare un ordinamento che tuteli questo ambito". "Lo sport ha una sua specificita' - dice il n.1 della Figc, Carlo Tavecchio -. I trattati di Nizza potevano essere il fondamento di una politica che riguardasse i vivai, ma e' rimasto tutto sulla carta". 

Il dg, Michele Uva, lancia invece una proposta: "Abbiamo fatto il primo passaggio con il sistema del '4+4' all'interno delle rose da 25 giocatori. Ma il limite, gia' discusso dalla Uefa, andrebbe ampliato per arrivare in futuro al 50% di giocatori provenienti dai settori giovanili. Non 8 su 25 ma 12 - spiega -. E' chiaro che e' un obiettivo che deve essere di natura anche politica perche' le norme comunitarie ora lo vietano. Serve anche un'armonizzazione fiscale a livello europeo".  "Oggi puo' riprendere il dialogo sulla specificita' e l'autonomia dello sport con la Commissione Europea", dice il membro Cio, Mario Pescante

Walter Veltroni, presidente onorario della Lega Basket, chiede "norme solo temporanee" per affrontare l'"emergenza" perche' "il livello si sta abbassando". Franco Frattini, presidente del Collegio di Garanzia del Coni, ricorda invece che "l'integrazione politica europea sara' forte tanto piu' l'Europa declinera' la sussidiarieta' per ordinamenti". 

E Jens Nymand-Christensen, vice direttore generale, Istruzione, Cultura, Gioventu' e Sport, della Commissione Europea apre: "Allo sport puo' essere riconosciuto un trattamento speciale senza violare le regole europee. Non ci puo' essere discriminazione a livello di libera circolazione dei lavoratori nell'Ue ma per lo sport si puo' concedere un'interpretazione flessibile".  











11.12.14 | Posted in , , , , , | Continua »

Pannella riceve in SIOI il premio "Paolo Ungari" della LIDU


Ogni anno, per celebrare l'anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, promulgata dall'Onu nel 1948, la Lega Italiana dei diritti dell'Uomo (Lidu) celebra la Giornata dei Diritti dell'Uomo con un incontro nel corso del quale viene conferito il Premio ''Paolo Ungari'' a una personalità che si è particolarmente distinta, in campo nazionale e internazionale, in difesa dei diritti e della dignità dell''uomo. 

Quest'anno il premio è stato conferito a Marco Pannella, durante un incontro che si è tenuto alle presso la SIOI (Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale).

Intervenuti Alfredo Arpaia, presidente Lidu, Franco Frattini, presidente SIOI, Valerio Zanone, Luigi Compagna, Stefano Folli, Luigi Manconi, Carlo Ricotti e Maria Luisa Tufano.  


11.12.14 | Posted in , , , , , | Continua »

Israele, "Vincere la menzogna con la verità". In SIOI parla Ben Dror Yemini


Si è tenuto martedì 9 dicembre presso al sede della SIOI (Società Italiana per l'Organizzazione Internazionale) l'incontro con Ben Dror Yeminigiornalista israeliano, mebro dell'Executive Board del quotidiano Maariv e collaboratore di Yedoth Ahronoth. Yemini è anche uno scrittore internazionale di nota fama. 
Il titolo della sua conferenza è stato "Miths and facts about the Middle east conflict".

All'incontro ha preso parte anche il presidente della SIOI Franco Frattini il quale ha sostenuto che in Medio Oriente una soluzione a due Stati "e' ancora possibile attraverso il dialogo e la negoziazione". Negli ultimi mesi "ci sono state dichiarazioni unilaterali che hanno complicato la situazione invece di risolvere una crisi che dura da decenni", ha osservato Frattini. "Tutti coloro che in Israele svolgono il ruolo di statisti dovrebbero rafforzare gli sforzi per raggiungere la pace in Medio Oriente - ha aggiunto - ma il quadro non sara' completo finche i paesi arabi non saranno convinti che la fine del conflitto arabo-israeliano e' di fondamentale importanza non solo per i palestinesi ma anche per loro". "L'Egitto, ad esempio, dopo l'era Morsi sembra determinato a favorire la pace in Medio Oriente, ma l'impegno del Cairo, da solo, non e' abbastanza se anche gli altri paesi arabi non saranno coinvolti", ha concluso l'ex ministro degli Esteri.

"La legge che riconosce Israele come stato-nazione del popolo ebraico e' solo una manovra politica, il paese non ne aveva bisogno perche' gia' nel 1948 le Nazioni Unite si erano espresse in tal senso",  ha detto Ben Dror Yemini. "Spetta alla Knesset (il parlamento israeliano, ndr) decidere ma Israele possiede gia' una propria identita'". 

Vincere la menzogna con la verita' per porre fine alla manipolazione storica, politica e internazionale dell'informazione perpetrata nei confronti di Israele. E' questo l'appello lanciato dal giornalista e direttore del quotidiano ebraico "Ma'ariv", Ben Dror Yemini.

"Esiste una leggenda secondo cui il raggiungimento della pace in Medio Oriente sarebbe stato fermato diversi anni fa dall'assassinio del premier israeliano, Yitzhak Rabin, avvenuto la sera del 4 novembre 1995, al termine di una manifestazione in supporto agli accordi di Oslo, svoltasi a Tel Aviv", ha detto Yemini. In realta' - ha continuato il giornalista israeliano - l'uomo responsabile di aver affossato le possibilita' di pace e' colui che ha respinto la proposta di compromesso formulata da Bill Clinton, cinque anni dopo l'uccisione di Rabin: il suo nome e' Yasser Arafat. Nel 2008, poi, un secondo individuo ha deciso di rifiutare le prospettive di pace e la proposta avanzata dal primo ministro israeliano Ehud Olmert. Si tratta di Mahmoud Abbas, principale responsabile d'aver bocciato anche il progetto di proposta del Segretario di stato Usa, John Kerry". 

 Una delle principali e piu' urgenti questioni legate al conflitto in Medio Oriente riguarda la questione dei profughi palestinesi. "Come e' possibile che il mondo si occupi dei profughi palestinesi molto piu' di tanti altri profughi?", si e' chiesto Yemini. "La stampa occidentale continua a diffondere milioni di pubblicazioni che accusano Israele di commettere un genocidio - ha spiegato il giornalista israeliano - un genocidio che non c'e' mai stato". La verita' e' che "il conflitto tra israeliani e palestinesi ha provocato un numero limitato di vittime rispetto a qualsiasi altro conflitto di portata simile nel mondo - ha continuato - si pensi ai 'profughi' della Bulgaria, della Grecia o a quanti tra la popolazione turca sono stati costretti ad abbandonare l'antica patria a seguito di cambiamenti politici e variazioni di confini. Tuttavia, cio' che e' vero per Bulgaria, Turchia, Grecia e molti altri paesi non vale per Israele". 

"Israele deve rispondere ad altri criteri, opposti. E anche in questo caso la maggior parte delle organizzazioni internazionali si propone un unico obiettivo: fare 'propaganda' a livello mondiale al fine di ingigantire e perpetuare il solo problema dei profughi palestinesi". Secondo Yemini, inoltre, il numero di palestinesi che hanno abbandonato Israele e simile se non uguale al numero di ebrei che sono giunti in Israele dai paesi arabi. "Israele non e' stato l'unico luogo nel quale sono avvenuti scambi di popolazione a seguito di un conflitto di carattere religioso o nazionale - ha chiarito - per qualsiasi altro paese il problema sarebbe stato 'giustificato' in questo modo, ma diversamente accade per Israele". 

Uno dei piu' importati indicatori, inoltre, per valutare la situazione umanitaria in una terra logorata da conflitti e' la mortalita' infantile. "Secondo i dati forniti dalle principali organizzazioni internazionali - ha detto Yemini - i palestinesi sotto occupazione presentano un tasso di mortalita' infantile piu' basso rispetto altri paesi arabi, eppure questa viene spesso considerata come una delle armi principali in mano ai militari israeliani". A mantenere un primato di gran lunga peggiore rispetto l'enclave palestinese "e' anche la Turchia ma tutto viene messo a tacere per portare a compimento la delegittimazione dello stato di Israele". "Israele non e' esente da errori - ha concluso Yemini - ma tutti gli errori di Israele sono nulla rispetto alla responsabilita' palestinese". 

Fonte: report dell'agenzia NOVA

10.12.14 | Posted in , , , , , , , , | Continua »

Frattini: «La Svp? Impari ad aprirsi»


L’ex ministro: «Un errore continuare a protestare. Bisogna invece partecipare di più alle vicende italiane ed europee» 


BOLZANO. «C'è un errore che molti a Roma possono essere indotti a fare in questo momento, ed è ripensare all'autonomia sull'onda della crisi finanziaria. Se non si è lucidi e si ragiona solo col bilancino si faranno danni irreversibili...». Lucido lo è sempre stato Franco Frattini. «È freddo, bello e nessuno è capace di muoversi come lui tra commi e sottocommi», aveva detto Berlusconi prima di nominarlo ministro degli Esteri. 

"Il secchione" (copyright degli amici del liceo Giulio Cesare) è stato più ministro che parlamentare, passando dalla segreteria della presidenza Ciampi a quasi tutti i governi dal '95 al 2011 prima di fare il commissario europeo, tornare al Consiglio di Stato ed accumulare un numero indefinito di presidenze. Ma ha sempre l'Alto Adige nel cuore (non alla Urzì) da quando qui è stato eletto alla Camera.

E la Svp, che errore può fare? 
«Chiudersi. Dire soltanto: siamo il meglio. Non è vero. Anche la Svp salva partito e autonomia se si apre. E si apre soprattutto all'Europa e al cambiamento. Fortunatamente per lei l'era Durnwalder è finita, come l'epoca del faccio tutto io. Anche la Provincia deve tirarsi su le maniche e cambiare registro...».

La crisi delle regioni sta trascinando nel baratro anche le autonomie...
«È uno dei fattori scatenanti dell'antipatia che sta travolgendo gli enti territoriali. Le regioni ordinarie, o almeno alcune di loro, hanno mostrato di non tenere in gran conto che la gente si sente più povera».

E l'Alto Adige?
«Anche l'Alto Adige tra scandalo dei vitalizi, ricorsi, rinvii a giudizio di presidenti, condanne ad assessori e acquisti al sexy shop da parte di consiglieri ci ha messo molto del suo. Non deve solo lamentarsi, deve chiedersi perché è successo e perché non ci si è fermati prima».

Ma gli scandali sono una delle ragioni della cattiva stampa, vero?
«È così. Ci sono stati anche fatti strutturali e non solo scatenanti. Mentre l'impoverimento delle casse dello Stato spingeva il governo a colpire duro le regioni ordinarie, gli accordi con Calderoli e Tremonti hanno garantito una certa tenuta. E gli altri a dire: ecco i privilegiati. Ma non è bastato, perché i tagli ci saranno e anche Bolzano traballa».

È un rischio reale allora che l'autonomia possa essere provvisoria?
«È un rischio solo se si fa l'errore di guardare alle cose sull'onda emotiva della crisi. In realtà l'autonomia altoatesina è qualcosa che prescinde dall'economia. Ha ragioni storiche e strategiche sulle quali non si può scherzare. Ci sono le garanzie per le minoranze linguistiche che fanno parte non del momento contingente ma della civiltà giuridica del nostro Paese».

E poi i trattati.
«Che non sono solo da rispettare così, per generica coerenza. La provincia di Bolzano ha un ruolo di ponte tra Italia e mondo germanico con una collocazione geostrategica che tocca da vicino gli equilibri europei. Su queste cose non si gioca. Se ci mettessimo a porli in discussione così, per risparmiare due lire, si creerebbero solo danni».

E dunque anche i tagli ai finanziamenti sono un rischio?
«L'autonomia è un costo e ha bisogno di finanziamenti certi. Anche Bolzano deve contribuire ai risparmi generali, i suoi deputati non possono stare a Roma facendo credere di venire da un altro mondo. Ma troppi tagli significa mettere in discussione la stessa struttura degli equilibri continentali».

Ai quali la Svp non guarda spesso con la dovuta attenzione, no?
«E infatti l'antidoto per curare il mal di autonomia non è la continua protesta o gridare al lupo, al lupo. È giocare d'anticipo partecipando maggiormente alla vicende italiane e soprattutto aprendosi all'Europa, togliendo vicoli, allargando le maglie dei divieti, dal voto alla residenza, alla scuola mista. La crisi si batte con l'intelligenza e la cultura, non col localismo e le piccole patrie. Spero in Kompatscher. Mi sembra che conosca il mondo».

10.12.14 | Posted in , , , , , , | Continua »

EU accession in 2007: monitoring options as a compromise (exclusive interview on The Economist cyrillic)



Who made Bulgaria and Romania require monitoring report and why they joined the EU in 2007?

Former Commissioner for Justice and Home Affairs and Deputy Chairman Franco Frattini raised the curtain for the first time specifically for Life Econimist


The year is 2006. Bulgaria and Romania are struggling for EU membership after the completion of difficult negotiations for membership continued years. The headquarter of the European Commission Berlamont arrive alarming reports and secret files which only increases the resistance two Balkan countries to become full members of the Community on 1 January 2007. On one side of our supporters are France, Italy, Spain and Austria, but other forces are such as Germany, Holland, Belgium and the United Kingdom. For the past Bulgaria and Romania did not yet ready for membership in the EU and vulnerable open wound on the territory of a prosperous and peaceful then the EU. These are "countries where corruption prevails at the highest level, the laws do not correspond to European principles, and especially there is no guarantee for corrective - locally responsible judicial system," the report said.

Key figure tossing the hot potato in Brussels is the Commissioner for Justice and Home Affairs Franco Frattini. It is he figured out how to open the door through which to pass to join the European family.

FF "I came up with monitoring options (control mechanism and cooperation) as a compromise. Bulgaria and Romania were completed accession negotiations but the EU hesitation whether to accept you in 2007 year or to postpone by one year to reach a decision for the Union's enlargement. On my table in Brussels came reports by Commission experts, who recommended the postponement of the membership and submitted a strong card in the hands of countries that were against you. And it's not what any country! Resistance was particularly large in relation to Romania, but Bucharest went hand in hand with Sofia and this was attracted down and you. Romania was experiencing serious scandals with top level corruption cases and scandals shaking Prime Minister Adrian Nastaze. Balgariya dozatamni picture and so widespread petty corruption.

On the other hand when you had serious efforts, charged with enthusiasm and will to become a member, were completed tough negotiations and I did not think you need to scalding.

I have no doubt that if you postpone a year you would not be ready in 2007 and in 2008 and today we would have you look into the optics of the Caucasus countries and Ukraine. I decided to assume greater political responsibility, overcoming obstacles and power of your opponents suggested an acceptable compromise - suggested establishing a mechanism for periodic inspection, to appease the spirits especially in the Netherlands and Belgium and the considerable community in Germany. If this had not happened, I think that the refusal would return like a boomerang in your country.

See what happens to the infinite Schengen area.
To overcome the Dutch veto accession to the Schengen agreement while I was commissioner, my compromise proposal was to speed up Schengen infromation system (SIS) and hearken Dutch Prime Minister Jan Peter Belkenende. Alas subsequently Schengen process remains incomplete and postponed »

Seven years later, this control mechanism remains in force ... ..
FF »Because judicial reform has not been completed. We saw various reforms passed in parliament but unimplemented in action. But this is not just a problem of your two countries. »

To successful reform, which are the most important elements?
No nominations from parliament. When magistrates are nominated by parliament problem. The same applies to the management of the magistracy. Nezaviisima Master first, second - the appointment of judges in individual courts should be done in a transparent manner to avoid political influence and third: In the Prosecutor's Office of the award should always be random, automatically, not by choice share and prosecutor. Must be invested in formate magistrates. This made Croatia, this makes Serbia. Investing in Justice investitral rule of law. This will give guarantees and foreign partners when you decide to invest in one country or another. Croatia entered without a monitoring mechanism for investing in legal reform and in the formation of the security apparatus and the police.

Italy, which holds the rotating EU predsedyatel participates in the South An incentive and is among the supporters of realization, although Brussels believes the project agreement nsaotvetstvashto European legislation. Should I continue with South Stream.
FF "biggest mistake of Europe was to tell us or Ukraine or Russia and Ukraine when it was a candidate for EU membership. Worse is facing such a dilemma countries are bound unique cultural and economic links to Russia. Bulgaria must play the role of a bridge between Europe and Russia, not to enter into commercial wars. In the interest of Europe to calm tensions around Ukraine and to work on the strategic partnership with Moscow.

South Stream is needed because the EU is required for some of the countries in the Union and especially for South Eastern Europe. In Italy we have supplies from Azerbaijan, Kuwait or Africa that do not pass through Ukraine and can rely on alternatives. But you? - No, it will rely on gas, which will bring in ships overseas, which will cost you more.


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9.12.14 | Posted in , , , , , , , , | Continua »

Papa Francesco: «Se il Corano è libro di pace, gli islamici lo dicano forte»




Il Pontefice di ritorno dalla Turchia, chiede «una condanna mondiale del terrorismo». 
«In Medio Oriente ci cacciano, non vogliono nulla di cristiano»
 
Dall’inviato del Corriere della sera, Gian Guido Vecchi

Il volo AZ 4001 è decollato da una decina di minuti, quando il Papa raggiunge i media sull’aereo che lo riporta a Roma. Sorridente e disteso, a dispetto dei tre giorni di viaggio in Turchia, saluta tutti, uno per uno, prima di rispondere alle domande dei giornalisti. A Istanbul ha incontrato il gran rabbino di Turchia, Isak Haleva, e un centinaio di giovani profughi da Siria, Iraq e Corno d’Africa. Ha condannato il «disumano e insensato attentato» alla moschea di Kano, in Nigeria, «peccato gravissimo contro Dio». 

E soprattutto ha firmato con Bartolomeo una «dichiarazione comune», rassicurando il Patriarca e tutti gli ortodossi: ristabilire la «piena comunione» tra i cattolici e gli altri cristiani «non significa né sottomissione l’uno all’altro né assorbimento». Ora spiega che l’«uniatismo è di un’altra epoca» e sorride: «Con l’ortodossia siamo in cammino, loro accettano il primato di Pietro ma dobbiamo trovare la forma, ispirarci al primo secolo. Arriverà il giorno in cui i teologi si metteranno d’accordo? Sono scettico. Ma non si può aspettare, dobbiamo pregare insieme, c’è l’ecumenismo spirituale e quello del sangue: quando ammazzano i cristiani non chiedono se sei cattolico o altro. Il sangue si mischia». 

Santità, Erdogan ha parlato di islamofobia, lei di cristianofobia. Cosa si può fare di più? «È vero che davanti a questi atti terroristici, in Medio Oriente e in Africa, c’è una reazione: “Se l’Islam è questo, mi arrabbio”. E tanti islamici, offesi, dicono: “Noi non siamo così, il Corano è un libro profetico di pace, questo non è l’Islam”. Io lo capisco, questo. E credo sinceramente che non si possa dire che tutti gli islamici sono terroristi, come non si può dire che tutti i cristiani sono fondamentalisti, perché anche noi ne abbiamo... Così io ho detto al presidente: sarebbe bello che tutti i leader islamici lo dicano chiaramente e condannino quegli atti. Perché aiuterà la maggior parte del popolo islamico, ascoltarlo dalla bocca dei suoi leader, religiosi, politici, accademici, intellettuali... Noi tutti abbiamo bisogno di una condanna mondiale. Gli islamici che hanno una identità dicano: noi non siamo questo, il Corano non è questo». 

E la cristianofobia? «Io non voglio usare parole addolcite. A noi cristiani ci cacciano via dal Medio Oriente. Lo abbiamo visto in Iraq, nella zona di Mosul, devono andarsene o pagare una tassa, e anche quello non serve. Altre volte ci cacciano in guanti bianchi. Ma sempre come volessero che non rimanga più niente di cristiano... Vede, in tema di fobie, dobbiamo sempre distinguere la proposta di una religione dall’uso concreto che di quella proposta fa un governo concreto. Io sono islamico, ebreo, cristiano, ma tu conduci il tuo Paese non come islamico, come ebreo, come cristiano. Tante volte si usa un nome ma la realtà è diversa». 

Che significato aveva la sua preghiera nella Moschea blu? «Io sono andato in Turchia come pellegrino, non da turista. Avevo un motivo religioso: condividere la festa di Sant’Andrea con Bartolomeo. Quando sono andato in moschea non potevo dire “adesso sono un turista”, sono un religioso e ho visto quella meraviglia, il Mufti che mi spiegava le cose con tanta mitezza, dove nel Corano di parlava di Maria e del Battista, e in quel momento ho sentito il bisogno di pregare: per la Turchia, per il Mufti, per me che ne ho bisogno, soprattutto per la pace: Signore, finiamola con le guerre. È stato un momento di preghiera sincera». 

Si è inchinato davanti al Patriarca: come affronterà le critiche dei conservatori a questi gesti di apertura? «Ci sono resistenze da parte ortodossa e nostra, in questi gruppi conservatori... Ma dobbiamo essere rispettosi con loro e non stancarci di spiegare e dialogare, senza insultare o sparlare. Tu non vuoi annullare una persona, è un figlio di Dio, se lui non vuole parlare io lo rispetto ma non sparlo: ci vuole mitezza e dialogo».      

Basta il dialogo interreligioso? «Il presidente degli Affari religiosi e la sua équipe mi hanno detto una cosa molto bella: “Adesso sembra che il dialogo interreligioso sia alla fine”. Occorre un salto di qualità, un dialogo tra persone religiose di diverse appartenenze: non si parla di teologia ma di esperienza religiosa». 

L’anno prossimo sarà l’anniversario di Hiroshima, restano tante armi nucleari... «L’umanità non ha imparato. È una mia opinione personale, ma sono convinto che noi stiamo vivendo una terza guerra mondiale a pezzi. Dietro ci sono inimicizie, problemi politici ed economici, per salvare questo sistema dove al centro è il dio denaro. E poi problemi commerciali, il traffico di armi è terribile. Penso a quando l’anno scorso si diceva che la Siria avesse armi chimiche. Io credo che la Siria non fosse in grado di farle, chi gliele ha vendute? Forse alcuni di quelli che la accusavano di averne? C’è tanto mistero... Dio ci ha dato la creazione perché della incultura primordiale facessimo una cultura. L’energia nucleare può servire a tante cose, ma l’uomo la usa per distruggere il creato e l’umanità: non voglio parlare di fine del mondo, di una seconda forma di incultura “terminale”. Poi bisognerà ricominciare da capo».

2.12.14 | Posted in , , | Continua »

Iran: in SIOI arriva la vice di Rouhani, Massoumeh Ebtekar

Ma vice presidente dell'Iran visita la mostra in SIOI

Giovedì 26 novembre la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (SIOI) ha ospitato la vice presidente dell’Iran Massoumeh Ebtekar, vice di Hassan Rouhani e a capo del Dipartimento per l’Ambiente dell’Iran. La Ebtekar ha tenuto una lecture in SIOI sulla storia politica dell’Iran e sul suo lavoro per la tutela dell’ambiente, impegno per il quale le è valso nel 2006 il riconoscimento delle Nazioni Unite “Champion of the Earth”. Dopo la lecture la vice presidente non si è sottratta alle domande del pubblico e dei giornalisti. Prima dell'incontro la Ebtekar ha visitato la mostra sui 70 anni di politica estera italiana a Palazzetto Venezia, in cui è raccolta anche una foto dell'ex ministro degli Esteri iraniano Kamal Kharazi in occasione della visita che fece in SIOI nel 1998

Qui di seguito una sintesi dei temi trattati dalla vice presidente Ebtekar durante l'incontro in SIOI.

Iran: vice presidente Ebtekar: “giusto che i giovani possano porre il tema del velo”
In Iran "le donne accedono da decenni all'istruzione superiore, sono il 60% della popolazione universitaria, e il velo islamico è un regola etica che non rappresenta una forma di controllo su di loro, ma si propone di creare il clima per sani rapporti sociali". Quella del velo, aggiunge, "è una questione molto dibattuta in Iran ed è giusto che le giovani generazioni abbiano lo spazio per porla". 

Iran :vice-presidente, spero fine sanzioni in pochi mesi Ebtekar, 
"estensione negoziati contribuisca a soluzione"
"Queste sanzioni ingiuste e illegali non impediscono il nostro progresso, ma ci impediscono l'accesso a tecnologie di primo piano", come quelle per la tutela ambientale in cui l'Iran è impegnato su più fronti. Rispondendo ad una domanda sul ruolo che la Guida suprema ha svolto nel corso dei negoziati sul nucleare iraniano, Ebtekar ha sottolineato che Khamenei "li ha sostenuti in tutte le fasi", anche le più difficili, e che anche da parte del popolo iraniano vi e' stata "molta speranza e molto sostegno". "Ora spero che l'estensione dei negoziati - ha proseguito, in merito alla decisione presa nel weekend a Vienna di rinviarne alla prossime estate la conclusione - offra più tempo per mettere a punto i dettagli della soluzione". Ma "spero anche - ha aggiunto - che nel frattempo non siano create nuove difficoltà" da parte di coloro che ostacolano un accordo. 

Iran: vicepresidente, sanzioni ostacolano lotta contro Isis
Capire radici e fini fenomeno prima di 'vere e genuine' alleanze
Con una soluzione positiva dei negoziati sul suo nucleare, l'Iran, "un attore importante nella regione", potrebbe meglio svolgere "un ruolo proattivo" nella guerra contro l'Isis, "aiutando gli altri Paesi che lo combattono. Ma le sanzioni in vigore contro Teheran stanno limitando la sua capacità di svolgere tale ruolo". Un'organizzazione quest'ultima, ha detto ancora l'esponente del governo di Hassan Rohani, le cui origini e finalità sono però ancora "misteriose". "E' importante prima comprendere gli intenti dietro al processo" che ha portato l'Isis sulla scena, ha osservato, insieme alle "reali intenzioni dei governi che lo combattono". Prima di pensare a "vere e genuine alleanze" - ha detto - "dobbiamo guardare bene alle radici e alle cause" del fenomeno Isis. A questa necessità la vicepresidente Ebtekar ha collegato "il doppio standard" applicato dalla comunità internazionale nell'approccio al nucleare iraniano. "L'Iran e' sottoposto ad uno scrutinio molto severo", che non riguarda invece altri Paesi che si sono dotati di tecnologia nucleare. "E' necessario invece un approccio equo verso le tecnologie nucleari pacifiche". 

Situazione in Siria, ha aggiunto, "è molto complicata":
Teheran ha sempre cercato una "soluzione pacifica e razionale"
Quanto alla situazione in Siria, ha aggiunto, "è molto complicata": Teheran ha sempre cercato una "soluzione pacifica e razionale". Di fronte alla diffusione dell'Isis nel Paese, con gli jihadisti sunniti che compiono "terribili violenze contro i siriani", è necessario "rendere la Siria capace di combattere contro l'ondata di violenze". Tornando al nucleare, nonostante il mancato accordo lunedì a Vienna, i negoziati non si sono fermati e la speranza, ha affermato Ebtekar, è che "l'estensione dia più tempo" per lavorare sui nodi della questione e che "quelli che sono contrari non abbiano spazi per creare altri ostacoli". Come ha ricordato, "la guida suprema (Ali Khamenei) ha sostenuto questi negoziati in tutte le difficili fasi, anche lui crede che questa possibilità debba essere data e c’è molto sostegno pure tra la gente". La vice presidente ha però puntato il dito contro il "doppio standard" che vige sulla questione, con l'Iran nel mirino della comunità internazionale mentre "in altre zone ci sono Paesi con arsenali non sottoposti a controllo". Ribadendo che si tratta di un "programma pacifico", Ebtekar ha sottolineato che affinché' il negoziato abbia successo, ci deve essere un "approccio equo" con il "riconoscimento dei nostri diritti inalienabili", come l'"accesso a queste tecnologie". 

Iran: vicepresidente Ebtekar a Roma, con Rohani il paese sta cambiando
L'Iran sta attraversando uno dei passaggi più importanti e critici della sua storia recente, un "vasto processo di cambiamento" che ha preso il via con l'elezione a capo dello Stato di Hassan Rohani. Nella sua due giorni romana, la vicepresidente iraniana Masoumeh Ebtekar ha mostrato all'Italia il volto più conciliante e aperto al dialogo della Repubblica islamica. 
Sul paese, tuttavia, continua a incombere la minaccia della crisi economica, acuita dal calo del prezzo del petrolio. "Per scongiurare gli effetti negativi del crollo del prezzo del greggio abbiamo realizzato un fondo apposito per compensare le perdite. La seconda misura introdotta riguarda la correzione delle politiche sui sussidi", ha spiegato la funzionaria. 

Iran-Italia: molte questioni in comune
"Ci sono molte questioni di comune interesse tra Iran e Italia", ha assicurato la Ebtekar, che ha anche aperto la porta alla partecipazione iraniana all'Expo 2015 di Milano. Nel contempo, nel corso della sua visita in Italia, la vicepresidente della Repubblica islamica ha invitato aziende ed esperti del nostro paese a prendere parte alla 14ma Mostra internazionale sull'ambiente, che si terrà in Iran il prossimo mese di marzo. 

Massoumeh Ebtekar e la delegazione iraniana con la Dott.ssa Sara Cavelli (SIOI) e l'Ambasciatore Riccardo Sessa (SIOI)

Massoumeh Ebtekar durante il suo intervento nel salone della SIOI

L'ambasciatore Riccardo Sessa, vice presidente della SIOI, con la Ebtekar



27.11.14 | Posted in , , , , , , | Continua »

Diritti umani: Ue, potenziare controlli e sanzioni


Per far sì che ci sia maggior controllo sul rispetto dei diritti umani c’è bisogno di più politiche comuni europee 
Frattini: "Obiettivi raggiunti troppo raramente" - Amato: "Che vergogna i Cie”.
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Si è svolta nella sede romana della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (Sioi) la presentazione dell’Annuario italiano dei diritti umani 2014, pubblicazione scientifica annuale in cui viene redatto il novero dell’attività italiana nel mondo nel campo dei diritti umani. Sono oggetto dell’Annuario la giurisprudenza italiana e internazionale sul tema, le missioni di pace all’estero in cui è impegnato il Governo italiano, nonché il novero delle Convenzioni, Trattati e Accordi stipulati sia in sede intergovernativa che sovranazionale. 

Nel suo intervento, il Direttore dell’Annuario ha evidenziato l’importanza della protezione e promozione dei diritti umani: “Noi guardiamo al nostro paese in un ottica di umanesimo integrale e forte. I diritti umani fanno bella una nazione, quando li si promuove e protegge efficacemente si raggiunge la pienezza dello Stato di Diritto”. Tra gli ospiti della presentazione c’erano Franco Frattini, presidente della Sioi, e Giuliano Amato, giudice della Corte Costituzionale. 

Si moltiplicano casi in cui vi è grave negazione di alcuni diritti fondamentali – ha detto Frattini –, come il diritto alla vita. Tale negazione si manifesta in stragi sistematiche, dall’ISIS, alla pulizia etnica e religiosa in medio-oriente – di cui i cristiani sono vittime privilegiate – o ancora la situazione in Siria, il nuovo traffico di schiavi dall’Africa verso l’Italia attraverso il mediterraneo. Vi è chi tenta di porre una dominanza territoriale che sfiora un nuovo totalitarismo del ventunesimo secolo, in nome di una visione blasfemica del Corano”. 

Frattini ha ricordato l’importanza che ha l’Italia nella difesa dei diritti umani (la lotta alla pena di morte e alla mutilazioni genitali femminili, i diritti dei bambini). “L’Italia c’è stata, sempre o quasi, ma troppo raramente si sono raggiunti gli obiettivi prefissati. Dopo la segnalazione di situazioni di crisi devono seguire le conseguenze concrete e reali, pratiche. Dove è l’Europa in Siria, con Triton o Mare Nostrum?”, ha tuonato il Presidente della Sioi. 

Proprio sul tema dell’immigrazione, tra Mare Nostrum e Triton, interviene anche il vice presidente della Sioi, Umberto Leanza, segnalando come “il controllo delle frontiere marittime dello Stato debba essere contemperato al rispetto dei diritti umani dei migranti. Vi è, per esempio, il divieto di respingimento. Esiste poi il principio della salvaguardia della vita umana in mare con l’obbligo del soccorso e del salvataggio in caso di emergenza. Triton è un’operazione che in violazione di tali principi non estendendo la capacità d’intervento oltre i confini nazionali, divenendo di fatto un sistema di respingimento dell’immigrazione”. 

Leanza ha posto l’attenzione anche sul problema dell’esecuzione delle sentenze internazionali (specie quelle della Corte Europea per i diritti umani) e dell’adeguamento nell’ordinamento statale delle convenzioni internazionali già ratificate. “I diritti umani sono maggiormente diritti rivendicati, piuttosto che diritti riconosciuti e protetti – ha concluso –, nella distinzione operata in dottrina da Norberto Bobbio. Gli stati devono provvedere alla creazione di strumenti sanzionatori e l’Italia deve insistere sul sistema di garanzia effettiva dei diritti umani, impegnandosi al contempo a garantirli al suo interno”.

Nell’intervento di Giuliano Amato, c’è grande spazio per il tema dei migranti e dei loro diritti. “L’orgoglio europeo nel campo dei diritti umani – afferma il giudice costituzionale – è quello di chi ha sfondato la barriera della cittadinanza, stabilendo che i diritti sono della persona, non più del cittadino (così è sancito nella Cedu). Il diritto, perciò, è sia dell’immigrato irregolare quanto di quello regolare. Quando ero ministro dell’Interno non ho paura di dire che i CPP (i CIE dell’epoca) erano uno scandalo. Lì le persone sono detenute, mentre nel nostro ordinamento la detenzione è legata esclusivamente al compimento di azioni criminose. D’altronde se gli immigrati – compresi i richiedenti asili – vengono piazzati piuttosto che nei CIE, in un edificio a Tor Sapienza, si creano pesantissime tensioni con gli indigeni che siamo noi.” 

Infine, Amato conclude sul tema della libertà religiosa, uno dei diritti umani fondamentali, affermando la necessità di una laicità positiva. Questa prevede, per esempio, che tutti i simboli religiosi vengano accettati e considerati alla stessa stregua: “Perché una monaca che cammina con quello che di fatto è un velo, mentre una ragazza musulmana non può andare con il suo velo a scuola con i suoi coetanei?”.

In chiusura, il Direttore Papisca ha dato la notizia che nel Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite a Ginevra si sta discutendo sull’inserimento del diritto alla Pace per le persone e i popoli. Il conseguente strumento giuridico che ne dia applicazione spaventa molti Stati: tra tutti, Stati Uniti e Regno Unito motivano il loro “No” dicendo che non esiste un tale diritto nel Diritto Internazionale, e che se si riconoscesse il diritto alla Pace gli Stati non potrebbero più fare la guerra. L’Italia per ora porta la bandiera di questa evoluzione, anche se l’ambasciatore Serra si è trovato a doversi astenere in alcune votazioni sul tema.

Il minimo comune denominatore di tutte le posizioni espresse nella conferenza di presentazione dell’Annuario è la necessità di un maggior impegno nel sistema di controllo e sanzionatorio in caso di violazioni dei diritti umani. Tutti sono convinti che per raggiungere questo obiettivo sia cruciale la crescita dell’integrazione europea con politiche comuni sul fronte della protezione e promozione dei diritti umani.






24.11.14 | Posted in , , , , , | Continua »

Quali le prossime sfide della Corte Penale Internazionale?

Sala Zuccari - Senato 
Si è svolta a Roma, presso il Senato della Repubblica, la conferenza dal titolo "XX anniversario di Non c'e' pace senza giustizia: sfide e opportunita' per la Corte penale internazionale", promossa dall'associazione Non c'e' Pace Senza Giustizia (Npsg), in occasione del ventesimo anniversario della fondazione dell'associazione.

Alla conferenza hanno partecipato, tra gli altri, il presidente del Senato italiano Pietro Grasso, il viceprocuratore della Corte penale internazionale (Cpi), James Kirkpatrick Stewart, il sottosegretario agli Affari Esteri italiano, Benedetto Della Vedova, Italia; l'ex ministro degli Esteri italiano e fondatrice di Non c'e' Pace Senza Giustizia, Emma Bonino, e l'ex ministro degli Esteri italiano e presidente della Societa' italiana per l'organizzazione internazionale (Sioi), Franco Frattini.



Lo scopo della conferenza, quello di esaminare l'interazione tra due elementi fondamentali alla base statuto della Cpi di Roma, vale a dire la cooperazione e la complementarita'. Nei suoi primi 10 anni, la Corte penale internazionale ha fatto un grande lavoro su problemi politici specifici, tra cui sesso, le politiche giudiziarie e selezione dei casi, la gestione degli esami preliminari, e piu' recentemente ha iniziato a lavorare sulla politica per bambini. Queste politiche hanno disegnato insieme principi e le lezioni apprese dalla Cpi nel corso dei suoi primi 10 anni fondamentali, insieme a lezioni apprese da altri tribunali internazionali. 

Essi rappresentano un crescente corpo di letteratura in grado di supportare sia la Corte penale internazionale e gli altri nel fare il miglior lavoro possibile nel miglior modo possibile. L'associazione Non c'e' pace senza giustizia, e' stata istituita nel 1994 con il mandato di fare una campagna per l'istituzione della Corte penale internazionale come una parte fondamentale di un efficace sistema di giustizia penale internazionale.



'Il ruolo "politico" della Corte penale internazionale deve essere sostenuto e accresciuto, perche' possa intervenire laddove gli stati nazionali non vogliono o non sono in grado di farlo', ha detto Franco Frattini. 'Il principio della complementarieta', alla base dello Statuto di Roma, stabilisce che il ruolo della Cpi deve essere "complementare" a quello degli Stati nel perseguimento di determinati tipi di crimini, ma per Frattini, "non deve essere usato come un modo per sottrarre casi alla Cpi, ma per aumentare la legittimazione di una grande istituzione di giustizia in cui l'Italia ha sempre creduto'.


Frattini ha ricordato come alcuni casi, come l'uccisione di Muhammar Gheddafi e l'impiccagione del dittatore Saddam Hussein, siano stati sottratti alla Corte, mentre sarebbero state "occasioni esemplari" per l'azione del tribunale. "E' necessario che l'Europa levi la sua voce perche' criminali di quel tipo vengano processati nelle sedi istituzionali appropriate, evitando che siano lasciati a paesi in cui e' in vigore la pena di morte", ha concluso Frattini. 

Le istituzioni come la Corte penale internazionale, nata alla fine degli anni Novanta come strumento permanente per perseguire casi di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanita', vanno rafforzate e incoraggiate. E' quanto affermato dall'ex ministro degli Esteri italiano Emma Bonino, fondatrice dell'organizzazione "Non c'e' pace senza giustizia". 




La Bonino ha ricordato come la Cpi sia stata essenziale nella battaglia contro la pena di morte, in quanto nel suo stesso statuto esclude la pena capitale anche per i crimini piu' gravi.  "I due tribunali internazionali istituiti negli anni Novanta, quello per il Ruanda e quello per la ex Jugoslavia, sono stati preliminari alla costituzione della Corte penale internazionale, entrata in attivita' ufficialmente nel 2002", ha detto ancora la Bonino, secondo la quale oggi piu' che mai e' necessario difendere i principi alla base dello statuto di fondazione della Corte, che e' strettamente legata al Consiglio di sicurezza dell'Onu. "I grandi drammi attuali - ha spiegato la Bonino - come la guerra in Siria e il conflitto in Ucraina, richiedono l'intervento delle istituzioni internazionali. La responsabilita' di proteggere, uno dei principi cui fa riferimento la Cpi, e' diventata oggi solo un punto di riferimento che invece andrebbe concretamente rispettato". 

Per la Bonino, e' necessario anche combattere la "fragilizzazione" del Consiglio di sicurezza dell'Onu e promuovere un nuovo codice di condotta per gli stati membri che, ad esempio, preveda di non usare il diritto di veto quando si tratta di materie come genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanita'. 

13.11.14 | Posted in , , , , , , | Continua »

Onu: "Delfini e balene, stop alla cattura". Svolta storica


Abbiamo atteso tanto, ma un primo grande passo è compiuto.

Enpa a governo: vietare import per la cattività
SVOLTA STORICA in sede Onu per i cetacei: durante il meeting della Convenzione sulle specie migratorie (Cms) prevista dal trattato internazionale dell'Unep (United Nations Environment Program), svoltosi dal 4 al 9 novembre a Quito (Ecuador), "è stato sancito il divieto di catturare i cetacei a scopi commerciali e di utilizzarli in delfinari e oceanari che, come tutte le inaccettabili strutture di cattività, sono inadatti alle esigenze della specie".

Lo afferma l'Ente nazionale protezione animali (Enpa) spiegando che "la risoluzione presa in sede Onu è di cruciale importanza ai fini del divieto di cattura e utilizzo dei cetacei per la cattività. Il provvedimento della Cms prevede che i 120 Paesi membri modifichino la loro legislazione interna per vietare le catture in natura e blocchino le importazioni dei cetacei per gli spettacoli nei delfinari. E che anche la Cites e l'Iwc (Commissione Internazionale Baleniera) prendano atto dei contenuti della risoluzione e si impegnino affinché le indicazioni contenute nella stessa siano applicate".

La risoluzione della Cms "rappresenta una svolta, anche perché, in tale circostanza, a prendere posizione contro la cattività è lo stesso mondo scientifico - spiega il direttore scientifico dell'Enpa, Ilaria Ferri - Una svolta resa possibile anche grazie all'impegno di Enpa e del comitato italiano nella Cms che hanno sollevato, oltre a motivazioni etiche, le questioni di natura etologica e conservazione delle specie. Ed è proprio sulla scia di tali argomentazioni che la Cms ha adottato una risoluzione storica, che dovrà ora essere ratificata dai 120 Paesi che l'hanno sottoscritta. Ecco perché l'Enpa chiede oggi al Governo italiano di recepire immediatamente la risoluzione della Cms nel nostro ordinamento giuridico e di vietare per sempre le importazioni dei cetacei destinati alla cattività".

(Fonte Repubblica.it)

11.11.14 | Posted in , , , | Continua »

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