Lettera aperta al Corriere della Sera: "meno regole in un'Europa aperta al mercato"
La crisi dell'eurozona ha messo in evidenza la debolezza della governance
europea. Appare così datata la tesi di coloro che propongono «Più Europa» nel
solco dei limiti riscontrati e affidano la crescita alla spesa pubblica,
ancorché comune. La piramide europea va rovesciata. Non più un vertice senza
dimensione da cui promanano verso il basso obblighi e costrizioni, ma una vasta
superficie di società libere che si poggia su strati sempre più ridotti di
poteri devoluti man mano che ci si avvicina al vertice.
L'Europa di domani o rinasce
attraverso questo processo evolutivo, fatto di obiettivi visibili e
raggiungibili, o è destinata a morire. Piuttosto che la via della
centralizzazione, sarebbe preferibile un percorso di unione nella
responsabilità di Stati sovrani che a loro volta valorizzino le autonomie
territoriali. L'Europa deve ritrovare speranza, dinamismo, orgoglio di sé,
fiducia nel futuro. E maggiore iniziativa nella dimensione globale per
assorbire i persistenti fattori di instabilità attraverso soluzioni nel segno
della trasparenza e della responsabilità affinché il rischio non sia mai
sistemico ma solo di coloro che consapevolmente decidono di rischiare.
Le politiche di stabilità del
debito pubblico dei Paesi dell'Unione sono necessarie ed imprescindibili per
evitare gli errori del passato. Ma esse debbono trovare complemento in scelte
che uniscano nella libertà i mercati europei. L'impegno che deve unirci è l'equità
verso le generazioni future, che non possono più essere costrette a pagare in
tasse l' irresponsabilità delle precedenti. Perché questo impegno possa essere
onorato in un contesto di finanza pubblica rigorosa, la strada maestra non è
rappresentata da strane alchimie istituzionali ma dalla crescita economica.
La crescita economica non esige
centralizzazione, ma il massimo grado di libertà. Il completamento del mercato
unico dovrebbe essere la priorità delle leadership europee con l'obiettivo di
promuovere la competitività attraverso l'occupabilità delle persone e l'internazionalizzazione
delle imprese. Un uso più parsimonioso dei poteri regolatori di Bruxelles è
possibile se viene assunta una visione positiva della persona per la sua
attitudine a cooperare spontaneamente al bene comune, in modo che una
regolamentazione coerente e minimale sia adottata anche dai singoli Stati,
liberando la vitalità delle società nazionali.
Mai come oggi, è importante
costruire non una «fortezza Europa» ma un'Europa aperta al mondo, dal mondo
attraversata, pronta ad aprire le proprie porte alle persone, alle merci, alle
idee che possono contribuire ad arricchirla. Prioritarie sono le relazioni
verso Est e verso Sud. Con le economie dell'Europa orientale e con quelle dell'
area Mediterranea. La tradizionale dimensione transatlantica va tutelata e
rafforzata ampliando le ragioni del libero scambio.
Il ritorno alla crescita non può
venire e non verrà da forme di monetizzazione più o meno surrettizia del debito
pubblico: interventi che avrebbero solo l' effetto di creare una «Europa dei
trasferimenti» alimentando solo inimicizia e ostilità fra i Paesi. Il ritorno
alla crescita non può eludere il tema della ristrutturazione del welfare:
occorre favorire in sussidiarietà le capacità mutualistiche delle persone,
delle famiglie, delle comunità. L'Europa è diventata grande nel segno del
pluralismo, della libertà, della scommessa sulle potenzialità delle persone.
Essere fedele a se stessa è il miglior viatico per il suo futuro.
Fabrizio Cicchitto (Fondazione
Riformismo e libertà), Flavio Felice (Centro Studi e Ricerche Tocqueville-Acton),
Franco Frattini (Fondazione Alcide De Gasperi), Alberto Mingardi (Istituto Bruno Leoni), Gaetano
Quagliariello (Fondazione Magna Carta), Maurizio Sacconi (Associazione
amici di Marco Biagi), Philip Booth (Institute of Economic Affairs, Londra), Jose
Maria Lopez Bueno (Fundacion para el desarrollo socioeconomico
hispano-marroqui, Melilla), Bartha Daniel (Centre for Democracy public Foundation,
Budapest), Tseliu Everydyike (Constantine Karamanlis Institute for
Democracy, Atene), Varkonyi Gaspar (Szcízadvég Foundation, Budapest), Henri
Lepage (Institut Turgot, Parigi)
Fonte: Corriere della Sera
Fonte: Corriere della Sera
Pubblicato da Franco Frattini
il giorno 7.6.12. per la sezione
Europa,
Italia,
Press Room
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