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Il dovere è quello di battersi per più Europa


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MONACO DI BAVIERA, Sueddeutsche Zeitung
Signor Ministro, non sarebbe il dovere massimo di un politico quello di tacere riguardo ai problemi dell’euro?
«Il dovere è quello di battersi per più Europa, più integrazione e non rappresentare l’Europa come un’unione sull’orlo del fallimento. Ciò è controproducente. Siamo tutti sulla stessa barca. Non ci sono barche più veloci o più lente. Solo assieme possiamo contrastare il gioco degli speculatori internazionali. Quest’ultimi infatti non hanno alcun interesse per un futuro positivo dell’Unione Europea. Hanno solo interessi immorali e speculativi. È il denaro l’unica cosa che vogliono.»
Per mostrare unità, ci sarebbe bisogno anche di fiducia, però. Da dove può scaturire la fiducia se i dati sull’economia greca indicano nuovamente una recessione ancora più intensa e se il Ministro tedesco dell’Economia non esclude piú un’insolvenza del Paese?
«Dobbiamo lavorare seriamente alla formazione di un vero e proprio governo europeo dell’economia. Non basta più guidare l’Europa a livello intergovernativo. Ci serve con urgenza uno stimolo politico per più Europa. Siamo chiamati ad ampliare quello che de Gasperi, Adenauer e Schumann crearono decenni con la libertà, la crescita economica e l diritti del lavoro. Occorre operare politicamente in modo congiunto in tutti i campi importanti – della difesa, della politica estera e ovviamente dell’economia.»

Quali porzioni di sovranità l’Italia sarebbe disposta a cedere in tal senso?
«Ciascuno Stato ha un’idea differente del federalismo europeo; l’Italia è disposta però a cedere tutte le quote di sovranità necessarie per un vero governo centrale europeo. Ad esempio la funzione della Banca Centrale Europea: questa andrebbe rafforzata come istituzione politica indipendente in grado anche di intervenire se necessario. Al di là di qualsiasi rigida regola statutaria, adesso è estremamente importante dare alla BCE una funzione politica – in quanto istituzione indipendente. È stato importante il fatto che la Banca abbia acquistato titolo di Stato nazionali. Essa ha infatti così dimostrato di essere presente in una situazione di emergenza. L’Italia attribuisce grandissima importanza alle proprie tradizioni, alla propria civiltà e alla propria Costituzione. Rimaniamo uno Stato costituzionale indipendente. Ma nel momento in cui siamo posti di fronte a sfide globali, dobbiamo reagire in maniera globale. »

Una BCE rivalutata politicamente dovrebbe anche avere il diritto di emettere titoli propri?
«Occorrerebbe incrementare la responsabilità individuale. Se necessario, dovremmo emendare anche i trattati. Il mondo in cui vivevamo ai tempi in cui abbiamo concepito e adottato il Trattato di Lisbona era diverso. All’epoca in cui l’abbiamo firmato, iniziavamo solo ad avere le prime avvisaglie della crisi globale. Ormai la crisi riguarda gli Stati, non solo le imprese. È per questo che adesso è molto importante spalancare dare all’Europa nuove opportunità. Per tale motivo dovremmo rafforzare l’integrazione europea. »

In che modo dovrebbe partire il processo? Con una nuova Conferenza intergovernativa? Chi deve dare l’impulso alla nascita di un nuovo trattato?
«Non occorre che ne riscriviamo uno completamente nuovo. Dovremmo aggiornare e ampliare alcuni dei capitoli esistenti. Possiamo realizzare un meccanismo finanziario di stabilizzazione in vari modi. Certo: una ratifica in ciascuno Stato europeo sarebbe una grande sfida. Alcuni Stati hanno avuto fino a poco tempo fa una reazione molto scettica. Tuttavia, le cose sono oggi forse cambiate. Non c’è Stato in Europa che non sia colpito dalla crisi e questa pertanto conferisca maggiore flessibilità anche agli Stati più titubanti. Essi oggi sanno che è importante avere meccanismi solidi e forti a livello europeo, non solo intergovernativo.»

La Germania è una delle nazioni scettiche – d’altronde a questo Paese viene richiesto molto denaro. Qual è l’incentivo per i Tedeschi affinché abbandonino il proprio scetticismo
«Proprio come affermato dal Cancelliere Federale Merkel, non c’è alternativa a un rafforzamento dell’Europa. La Germania è strettamente legata alla realtà europea. »

In definitiva tale legame ha pero’ il proprio prezzo. Ad esempio, il peso del debito greco di cui il Paese non riuscirà mai a liberarsi. Sarebbe dunque opportuno che l’Europa si accollasse un’insolvenza parziale?
«Una delle decisioni più importanti prese dal Cancelliere Kohl all’epoca della riunificazione tedesca fu stabilire la parità valutaria. È chiaro che il rischio corso aveva un prezzo elevato. Ora e’ parte della storia. La storia finirà per giudicare anche noi. Il Cancelliere Merkel si dichiara fortemente in favore dell’Europa nonostante stia perdendo voti in diverse elezioni per i Governi regionali. Ed è giusto.»

Quale sarebbe un forte segnale verso la Grecia?
«Quello di cui abbiamo bisogno per aiutare la Grecia è un meccanismo di stabilità finanziaria più forte e un fondo finanziario. Adesso ciò va messo in pratica. L’Italia darà in tal senso il proprio contributo. In questi giorni passerà in Parlamento la manovra finanziaria che adesso ha un volume non di 45, bensì di quasi 60 miliardi di euro. »

L’unità dell’Europa viene messa alla prova anche in ambito di politica estera. I Palestinesi intendono chiedere alle Nazioni Unite il riconoscimento della propria entità statale. Le divergenze in merito minacciano di spaccare l’Europa. L’Italia, da Paese filo-israeliano, ravvede ancora la possibilità di un compromesso?
«Dovremmo fare ogni sforzo per evitare una catastrofe. Sarebbe infatti disastroso se la voce dell’Europa fosse divisa – con alcuni che votano per i Palestinesi e altri che votano per Israele. Ciò porterebbe a una spaccatura in seno all’Europa, tra l’Europa e gli Stati Uniti e tra l’Europa ed il mondo arabo. È per questo che stíamo cercando intensamente un compromesso accettabile.»

Che aspetto potrebbe avere un tale compromesso?
«Abbiamo ormai da due anni idee chiare sugli elementi portanti di un processo di pace.»

I cosiddetti parametri sui confini, la sicurezza e Gerusalemme.
«A essi ci atterremo. Su questa base, faremo una proposta. Viceversa, sarebbe un disastro se avanzassimo posizioni nazionali. La nostra proposta deve venire incontro alle posizioni estreme di Israele e dei Palestinesi. Italia e Germania sono tra i migliori amici di Israele in Europa. Ma già anni fa abbiamo lanciato un piano Marshall per la Palestina. Qualche settimane fa a Roma abbiamo elevato lo status del rappresentante palestinese al rango di ambasciatore. »

E qualora le due parti dovessero rivelarsi incapaci di giungere al compromesso?
«Sarebbe un errore se i Palestinesi richiedessero al Consiglio di Sicurezza adesso il riconoscimento come Stato. Ciò sarebbe fonte di spaccature e risulterebbe anche sgradita a molti Stati arabi. Pensi solo cosa accadrebbe se gli Stati Uniti dovessero porre il veto in Consiglio di Sicurezza. Ciò finirebbe per disilludere milioni di persone. Occorrerebbe evitare questa richiesta esasperata – ovvero che conti solo il riconoscimento come Stato a pieno titolo.»

Gli eventi del Cairo, l’aggressione dell’Ambasciata d’Israele hanno contribuito ad alimentare maggiormente il loro scetticismo?
«Israele ha tutti i motivi di nutrire oggi maggiori preoccupazioni rispetto a tre mesi fa. La rivoluzione è avvenuta per qualcosa e non contro qualcosa. Mi preoccupo ogni qual volta vedo dar fuoco a bandiere statunitensi o quando si chiede l’abbandono degli Accordi di Camp-David. La Primavera araba dovrebbe preservare il proprio messaggio originario e cioè: ci battiamo per i diritti, per la libertà.»

L’Italia è forse il Paese ad avere i rapporti più stretti con la Libia. Quali sono i passi giusti da compiere affiché si giunga all’affermazione nel Paese del diritto e della libertà?
«Stiamo aiutando la nuova leadership in Libia affinché respinga tutte le influenze negative. Il messaggio della rivoluzione non va contaminato, soprattutto con tendenze fondamentaliste.»

Ma quelle già esistono.
«Sì, sfortunatamente. Il Governo però è molto determinato ad arginarle. Ad esempio ha istituito un Consiglio nazionale di sicurezza presieduto da un moderato al fine di integrare sotto tale ombrello anche fazioni estremiste del fronte dei ribelli. È un atto di intelligenza. Allo stesso tempo dobbiamo mantenere la nostra assistenza economica – tra l’altro anche da parte della Germania, malgrado la sua opposizione alla missione Nato. Adesso è giunto il momento di aderire.»

L’atteggiamento tedesco in sede di votazioni è ormai cosa passata?
«La Germania ha l’opportunità di riguadagnare terreno. Un posto c’è. La Germania è sempre stata un partner importante nel Mediterraneo. Adesso dobbiamo concentrarci sul piano Marshall per la crescita e i posti di lavoro.»

Vi è la preoccupazione che la rivoluzione sia già finita.
«Le speranze della Primavera araba non devono pietrificarsi in un rigido inverno. Se le persone venissero deluse nelle proprie speranze, finirebbero per volgersi contro di noi e questo dobbiamo impedirlo.»




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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 14.9.11. per la sezione , , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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