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I CADUTI PER L'AFGHANISTAN E I DOVERI DELLA POLITICA


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A ogni nuova tragedia, quando un caduto italiano in Afghanistan fa di nuovo piangere l'Italia, riappare l'insopportabile polemica davanti alle bare coperte con il tricolore. Un Paese serio non fa così. Non può farlo. I genitori, i fratelli dei nostri eroici caduti ripetono ogni volta la grande lezione che i politici con la «p» minuscola non hanno imparato. Mamme e papà che, ovviamente, si disperano, ma con la dignità straordinaria di chi sa che i loro figli amavano quella divisa, amavano l'Italia, sapevano che in Afghanistan ci siamo per combattere terroristi altrimenti pronti a colpire a casa nostra, e per portare democrazia e sviluppo. 

Un Paese serio si unisce nella serietà e nella responsabilità. Non si cerca di eccitare le emozioni per catturare qualche voto. Anche a me piacerebbe vedere tutti a casa domani i nostri ragazzi. Ma il dovere dell'Italia, che i nostri ragazzi comprendono molto meglio di tanti politici, è di rispettare i patti. Con il popolo afghano, con la Nato, l'Onu e l'Europa. Insomma, con quella comunità internazionale che, quando dice «brava Italia!», per lo più si riferisce proprio a ciò che nelle regioni di crisi del mondo fanno le nostre donne e i nostri uomini militari e civili, che contribuiscono alla sicurezza, alla stabilità e dunque alla pace.

Ce ne andremo ovviamente anche dall'Afghanistan. Ma non alla spicciolata, facendoci dettare l'agenda del ritiro dai terroristi. Ce ne andremo secondo i piani già decisi d'intesa con i nostri amici afghani e i nostri alleati, con la transizione dei poteri alle forze di sicurezza afghane, che gli italiani hanno contribuito ad addestrare meritandosi il plauso assoluto di tutti i partner internazionali. Proprio la settimana scorsa ha avuto avvio il processo di transizione in sette aree dell'Afghanistan e la città di Herat, dove sono i soldati italiani, è partita tra le prime: un riconoscimento oggettivo dei risultati raggiunti grazie alla determinazione e ai sacrifici dei nostri ragazzi e che è nostro compito e interesse irradiare nelle altre aree della regione occidentale del Paese dove siamo presenti.

Come? Continuando il lavoro prezioso dei nostri addestratori; le iniziative di sviluppo economico e sostegno istituzionale della Cooperazione italiana; il sostegno a un processo di riconciliazione nazionale che sia inclusivo di tutte le etnie e componenti sociali del Paese a condizione che rispettino la costituzione e i diritti in essa sanciti, ad iniziare da quelli delle donne; il coinvolgimento responsabile dei Paesi della regione. Non vorremmo, ad ogni nuovo attacco dei terroristi, indietreggiare. Non sarebbe degno dei nostri soldati coraggiosi. La loro sicurezza è la nostra prima priorità. Il loro coraggio e l'amore che dimostrano per i popoli che soffrono è il nostro orgoglio.

Ma il dovere della politica è restare sempre con loro, incoraggiandoli o magari piangendo con loro i caduti; mai, specialmente nei momenti tragici, invitarli a fare le valigie. L'Italia è e resterà un partner serio e rispettato nel mondo se tutti i suoi politici avranno almeno una parte della dignità sobria e silenziosa delle mamme dei nostri coraggiosi soldati.


Intervento sul quotidiano Il Messaggero del 28 luglio 2011
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Pubblicato da Lucrezia Pagano il giorno 28.7.11. per la sezione . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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