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Difesa europea: se non ora quando? La difesa europea e le sue implicazioni secondo l'ex Ministro Franco Frattini


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Difesa europea: se non ora quando? 
La difesa europea e le sue implicazioni secondo l'ex Ministro Franco Frattini 
di Emanuele Cuda 
27 giugno 2017 



 «Abbiamo contato sul potere militare di altri troppo e per troppo tempo. È il momento di farci carico della nostra sicurezza» ha scritto in una lettera pubblicata poco tempo fa il Presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Junker. 

In un momento storico come quello attuale in cui sono molteplici le minacce, il tema della sicurezza è sentito come decisivo, non solo in campagna elettorale. Ci sono criticità che potrebbero essere meglio risolte se ci fosse una maggiore cooperazione. 

E’ in questa chiave che va letto il tentativo che l’ Europa sta tentando di mettere in campo negli ultimi mesi, come si è avuto modo di vedere il 9 giungo presso la Conferenza European Vision, European Responsibility, dove si sono susseguiti gli interventi del Presidente della Commissione Europea, dell’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri e le Politiche di Sicurezza Federica Mogherini, il Vice Segretario Generale NATO Rose Gottemoeller, il Vice Presidente della Commissione Europea Jyrki Katainen e alcuni rappresentanti del settore privato. Il tema della sicurezza è stato al centro anche dell’ ultimo Consiglio Europeo del 22 e 23 di Giugno. 

A far sentire come sempre più necessaria una maggiore integrazione su questo tema è stata, tra gli altri fattori, l’ elezione di Donald Trump alla Presidenza degli Stati Uniti, il quale non ha nascosto la volontà di ricordare, come tra l’ altro ha fatto in occasione del primo vertice NATO di fine maggio, a tutti i Paesi europei che l’ impegno nel settore della difesa deve essere una priorità per tutti e non solo per gli USA. 

« La nostra collaborazione con la Nato non può tuttavia più fungere da comoda scusa per l’assenza di un impegno europeo autonomo», dichiarato Junker, mettendo in risalto l’ evidente carenza che l’ Europa ha accumulato da questo punto di vista. L’ importanza della NATO rimane anche con il progetto di difesa europeo, perché il potenziamento della seconda comporta il rafforzamento della prima. 

La Ministra della difesa italiana Roberta Pinotti ha tenuto a definire questo ‘dibattito’ interno all’ Europa come «un’ occasione da cogliere». Parlare di difesa europea vuol dire trattare un tema di cui un uomo politico di prima grandezza come Alcide De Gasperi aveva, con grande lungimiranza, nei primi anni ’50 aveva sottolineato l’urgenza. 

L’ ottica dei giorni odierni ci pone davanti diverse sfide partendo dal terrorismo a quello dell’ immigrazione a quello della cyber-security. Sfide, spesso asimmetriche, a cui, per chi non l’ avesse ancora ben compreso, è impossibile far fronte se non in un’ottica sovra-nazionale. 

«La difesa comune è indispensabile all’Unione europea» ha dichiarato Federica Mogherini. In discussione, in ambito europeo, c’è sicuramente un piano ambizioso, ma che potrebbe costituire un eccezionale viatico al raggiungimento di una difesa comune europeo. 

«Viviamo in una casa costruita a metà, dobbiamo svegliarci e lottare insieme contro le minacce. Abbiamo proposto il fondo di difesa che sarà il maggiore investitore nella difesa europea. Dobbiamo investire di più e in modo più effettivo» ha detto Junker. Il piano in questione proposto dalla Commissione europea prevede infatti: l’istituzione di un fondo europeo per la difesa; la promozione di investimenti nelle catene di approvvigionamento della difesa; il rafforzamento del mercato unico della difesa. 

Per quanto riguarda il primo punto, l’ obiettivo è duplice: il finanziamento di progetti di ricerca collaborativa nel settore della difesa e lo sviluppo e acquisto di capacità di difesa da parte di Stati membri che desiderino partecipare. «Paghiamo un prezzo troppo alto per l’inefficienza e la frammentazione. L’Ue conta 178 sistemi d’arma diversi, rispetto ai 30 degli Stati Uniti. In Europa abbiamo più costruttori di elicotteri di governi che possono acquistarli. Ci permettiamo il lusso di 17 tipi diversi di carri da combattimento mentre gli Stati Uniti se la cavano benissimo con un unico modello» ha ribadito Junker, evidenziando come l’ Unione Europea spenda molto e male nel settore della difesa. 

I finanziamenti saranno di 90 milioni di euro stanziati fino alla fine del 2019, con 25 milioni di euro stanziati per il 2017 mentre dovrebbero diventare 500 milioni di euro l’anno dopo il 2020 sulla base di un programma che sarà proposto dalla Commissione Europea nel 2018. 

Il Fondo introdurrà anche incentivi affinché gli Stati membri cooperino nell’acquisizione di tecnologie e nello sviluppo di materiali di difesa in maniera congiunta pari a 500 milioni di euro per il 2019 e il 2020 e di 1 miliardo di euro l’anno dopo il 2020. Un programma più ingente verrà preparato per il periodo successivo al 2020, con una dotazione annua stimata di 1 miliardo di euro, con l’ auspicio di generare investimenti complessivi nello sviluppo di capacità di difesa pari a 5 miliardi di euro l’anno dopo il 2020. 

Il confronto con la prima potenza al mondo in termini di difesa è inevitabile: gli USA spendono 545 miliardi di euro l’anno, pari al 3,3 % del PIL mentre l’UE 227 miliardi di euro pari al 1.34% del PIL. Per i soldati gli americani investono 108.322 euro, mentre gli europei 27.639 euro. 

Per comprendere quanto sia importante lo sviluppo di una difesa europea comune, di un mercato unico europeo di difesa, ci siamo rivolti al Presidente della SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale), Franco Frattini, Ministro per la Funzione Pubblica dal 2001 al 2002; Ministro degli Affari Esteri dal 2002 al 2004; Vice-Presidente della Commissione Europea e Commissario europeo per la Giustizia, la Libertà e la Sicurezza dal 2004 al 2008 e Ministro degli Affari Esteri dal 2008 al 2011. 

Quanto ha contato, secondo lei, l’ elezione di Donald Trump nella ricerca di un punto di incontro per una maggiore integrazione europea in termini di difesa? 

Come ho osservato in occasione della sua elezione, Donald Trump spingerà i Paesi Europei a farsi sempre più produttori di sicurezza e sempre meno consumatori. Il progetto risale all’ epoca di De Gasperi, ma è sempre stato tralasciato, sulla scorta della sicurezza fornita da altri. Ora occorre cambiare la modalità di affrontare questo tema. 

E la conquista dell’ Eliseo da parte di Emmanuel Macron, con la sua linea filo-europeista?

Sicuramente Macron è fiero sostenitore dell’ Europa, ma la vera differenza la farà se comprenderà l’ importanza per l’ Europa di una difesa europea. E’ certo che una Francia più forte, nell’ asse franco-tedesco, sarà importante. 

Ma d’ altro canto anche l’ atteggiamento russo, si pensi alla crisi ucraina, sollecita la necessità di un maggiore protagonismo dell’ UE sullo scenario globale. 

Ma io non vedrei la difesa europea in funzione anti-russa. Noi dobbiamo immaginare una difesa europea per dialogare in modo strategico con la Russia, quindi tutto il contrario. Trovo che ci saranno delle resistenze da parte di Paesi che vedono ogni ipotesi di difesa in funzione anti-russa e quindi stanno piegando la NATO ad una posizione che, a mio avviso, non è positiva. Ricordo a me stesso: noi avevamo addirittura creato, nel Governo di cui ho avuto l’ onore di far parte, al consiglio NATO – Russia che, sostanzialmente è stato congelato. Guarderei alla difesa europea come alla possibilità prima di tutto di far prevenzione ad esempio nel Mediterraneo, dove la minaccia del terrorismo e il traffico di esseri umani sono un dato di fatto. Ecco questi sono tutti ambiti in cui un impegno comune molto efficace farebbe la differenza. 

«Una più forte difesa europea significa rendere più forte la Nato e viceversa» aveva dichiarato il vicesegretario della Nato, Rose Goettemoeller. E’ d’ accordo con la necessità di un rapporto sinergico tra difesa europea e NATO? 

Io ho sempre detto che NATO e difesa europea debbono essere complementari, non si devono sovrapporre. Ovviamente oggi rischiamo proprio di avere una duplicazione perché ogni Paese ha il suo esercito nazionale, la NATO ha il suo esercito formato da personale che lavora sotto la sua bandiera, ma è messo a disposizione dai vari Stati nazionali. Quindi corriamo il rischio di sprecare denaro senza ottimizzare i risultati. Ecco perché, questa è la mia visione, occorrerebbe che NATO e difesa europea si ripartissero i compiti. 

La costituzione del fondo unico per la difesa annunciato dal Junker è un buon inizio?

Certamente sì, ma mancano due aspetti essenziali che vanno completati: il primo è il completamento del mercato unico europeo di difesa. I prodotti e le tecnologie di difesa sono stati a lungo prodotti esclusi dalla regolamentazione europea. Questo ha portato ad una mancanza di un cantiere europeo in questo senso e quindi i principali produttori sono americani, russi, cinesi, magari iraniani, ma non europei. Un mercato comune europeo dell’ industria della difesa e delle tecnologie, penso alla cyber-security, è sicuramente essenziale. L’ altro aspetto che manca è tradurre in operatività le decisioni: noi abbiamo istituito da almeno dieci anni quelli che si chiamano “Battlegroups”, che praticamente dovrebbero tradurre in azioni le decisioni: si tratta di formazioni di più di mille uomini dotati con mezzi di supporto, assimilabili ai battaglioni che possono essere inviati ovunque sia necessario entro pochi giorni. Ecco queste strutture vanno moltiplicate perché altrimenti rimangono solo sulla carta. 

La mancanza di cooperazione nel settore della difesa e della sicurezza ci costa ogni anno tra i 25 e i 100 miliardi di euro. La motivazione economica può convincere anche i più riluttanti a cogliere questa opportunità? 

Io credo che debba essere una motivazione molto convincente perché fare difesa comune europea vorrebbe dire anche vendere prodotti europei per la difesa laddove oggi ci sono solo attori nazionali e quindi compriamo la tecnologia da Paesi che sono anche nostri concorrenti. E’ chiaro che la questione è anzitutto politica, non anzitutto economica. Se la Lituania pensa che il dovere numero uno sia quello di contenere la Federazione Russa, avranno sempre una riserva su un modello di sicurezza europea integrato che non può essere anti-russo: non dobbiamo fare la guerra ai nostri vicini, ma presidiare il territorio e giocare come abbiamo giocato nei primi anni 2000 nella ex Repubblica jugoslava di Macedonia o in Bosnia ed Erzegovina, per citare due esempi: un embrione di difesa europea ha stabilizzato un’ area che altrimenti sarebbe nel caos più totale. 

Rimaniamo però ancora in un ambito di cooperazione, al massimo rafforzata, in cui restano protagonisti i singoli stati nazionali. Ad una maggiore integrazione nel settore della difesa, non dovrebbe corrispondere una maggiore unitarietà nella politica estera dell’ UE: detto in altri termini, non dovrebbe avere più poteri l’ Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza? 

Il problema è solamente politico. Se viene dato all’ Alto Rappresentante un potere sulla carta, ma nella sostanza i capi dei governi, che sono quelli che decidono, ritengono che politicamente l’ Unione sia ancora inter-governativa non andiamo da nessuna parte. Questo sta accadendo anche sull’ immigrazione, materia molto sensibile. Chiamare Alto Rappresentante una figura che rappresenta soltanto proposte, francamente, è quasi sminuirne il ruolo. Vorrei ci fosse un vero Ministro degli Esteri europeo così come vorrei un vero Ministro dell’ Economia europeo, ma la vedo dura visti i chiari di luna della volontà nazionale di tenersi gelosamente strette queste fette di sovranità. 

In questo senso, chi sono coloro che, in Europa, spingono verso una maggiore integrazione?

Molto pochi. L’ Italia è una di questi, ma è chiaro che da sola non può fare nulla. Io credo che una forte sinergia del Governo italiano con la Francia e con la Germania potrebbe dare una bella spinta. Se questo non avverrà, è chiaro che non saremo minimamente in grado di spingere per una maggiore integrazione in settori così sensibili. Quindi più sono gli attori e più si potrà fare in questo senso. 

Nell’ ambito nazionale italiano, chi è il portavoce più credibile dell’ istanza dell’ integrazione a livello europeo?

Io credo che quando si parla di popolarismo europeo si fa riferimento alla storia di De Gasperi, di Adenauer, di Shuman e questa è la storia che ancora esiste ovvero di quel popolarismo europeo che vorrebbe raggiungere una maggiore integrazione politica proprio nei settori di cui stiamo parlano. Non so in Italia chi riuscirà perché molti dicono di seguire la linea del popolarismo europeo, però bisogna farlo e non soltanto dirlo. 

Le sfide asimmetriche come il terrorismo richiederebbero anche una maggiore comunicazione a livello dell’ intelligence. Quanto è lontana questa 

Quando io ho lasciato la Commissione europea circa dieci anni fa io lasciai un progetto che era quello di fare una banca dati comune europea per l’ analisi di intelligence e per lo scambio di dati. Sento dire che verrà riproposta adesso dieci anni dopo quindi questo è lo stato dell’arte. C’è ancora molta diffidenza tra gli Stati Membri quindi stiamo andando molto più a rilento di quanto non dovremmo andare perché i terroristi non conoscono frontiere e quindi se non ci scambiamo i dati, questi terroristi che, come abbiamo visto, girano liberamente per le capitali europee, continueranno a farlo. Più cooperazione è la parola d’ordine. 

Il Consiglio Ue ha adottato oggi la decisione di creare una struttura di “Military planning and conduct capability” (Mpcc), in seno allo Stato maggiore dell’ UE (Eums). «L’istituzione dell’Mpcc rappresenta una decisione operativa estremamente importante per rafforzare la difesa europea. Contribuirà a rendere più efficaci le missioni europee non esecutive e a migliorare la formazione dei soldati dei paesi partner, al fine di garantire pace e sicurezza. È un lavoro importante non solo per i nostri partner, ma anche per la sicurezza dell’Unione europea» ha detto l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini . Non c’è ancora la creazione di un esercito europeo. E’ un’opzione ancora remota? 

E’ ancora molto lontana. Una Capability Unit bisognerà vedere quante ‘capabilities’ avrà. Se io la faccio sulla carta e gli do due mitragliatrici in tutto non farà mai niente. Se io le metto a disposizione quello che ebbe la missione europea nei Balcani dopo la guerra, quella è una missione europea di sicurezza seria.
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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 28.6.17. per la sezione , , , , , , , , , , , , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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