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Frattini: “Il depistaggio parte tutto dagli agenti” (intervista Il Piccolo)


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Secondo l’ex ministro degli esteri il giovane di Fiumicello sarebbe stato vittima di una guerra tra servizi segreti fedeli e infedeli all’attuale regime al potere 

di Mauro Manzin (Il Piccolo)

Troppi ritardi, troppe omissioni, il tutto all’interno di una guerra intestina tra servizi segreti, quelli fedeli ad Al Sisi e quelli ancora legati ai Fratelli musulmani del precedente regime: è questo il mix allucinante nel quale è stata stritolata al Cairo la vita del ricercatore di Fiumicello Giulio Regeni. Ne è convinto l’ex ministro degli esteri e presidente della Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale (SIOI), ente morale a carattere internazionalistico, operante sotto la vigilanza del ministero degli Affari Esteri, anche alla luce degli esiti dell’incontro tra magistrati romani ed egiziani. 

Dopo l’incontro tra magistrati italiani ed egiziani a Roma qualcosa si sta muovendo sul fronte delle celle telefoniche relative alla scomparsa di Giulio Regeni… 
Si muove lentamente e dimostra come vi sia stato un voluto deficit di informazione nelle fasi iniziali. Ed è proprio dalla consegna dei materiali fatta oggi (ieri ndr) che emerge come ci sono state molte, molte lacune e probabilmente reticenze. Il caso delle celle telefoniche è emblematico, ma c’è il caso collegato, quello che il cellulare di Giulio sarebbe stato alterato cancellando alcuni messaggi che il ragazzo avrebbe ricevuto. C’è stata quindi una manomissione del telefono. Se questo fosse accertato in modo definitivo costituirebbe un voluto intralcio alle indagini di cui i procuratori egiziani dovrebbero occuparsi a casa loro. 

C’è stata quindi una voluta perdita di tempo da parte dell’Egitto… 
Sicuro 

Per coprire chi? 
Sono convinto sempre più che questa tragedia sia stata causata da un vero conflitto più o meno strisciante tra elementi del regime ed elementi infedeli al regime. Una guerra tra servizi deviati o di frange sei servizi deviati che hanno lavorato per rovinare l’immagine dello Stato contrastati da elementi fedeli allo Stato. Un’operazione che non ha niente a che fare con bande di rapinatori come il Cairo ha cercato di farci credere. 

Infatti anche i magistrati ieri a Roma hanno considerato questa pista di scarsissimo valore investigativo… 
Era chiaro che non c’entrava nulla, quindi siamo di fronte a dinamiche tutte interne al sistema di sicurezza e intelligence egiziano, da un lato per nulla trasparente, dall’altro sicuramente attraversato da tensioni interne che possono portare a cose come queste se nona peggiori. 

Il caso di Giulio è avvenuto in un momento storico per l’Egitto di cambio di regime dove non tutti gli apparati erano fedeli ai nuovi potenti… 
C’è stato un capovolgimento di fronte in meno di tre anni. Quando è arrivato Morsi c’è stata un’occupazione massiccia dei sistemi di intelligence e sicurezza da parte dei Fratelli musulmani. Quando è arrivato Al Sisi evidentemente c’è stata una contro occupazione non riuscita appieno. 

Dunque Giulio è stato stritolato da faide interne? 
Direi di si. Il povero ragazzo si è trovato in mezzo a pesanti e violente faide interne egiziane. 

E pensare che i magistrati egiziani hanno fatto sapere ieri che Giulio, su denuncia del capo del sindacato indipendente dei rivenditori ambulanti, è stato indagato dalla polizia del Cairo, ma su di lui non c’è stato nulla da eccepire… 
Nella polizia del Cairo con le sue omissioni vi è l’origine di tutte le responsabilità. Intanto emerge oggi, dopo mesi e mesi, che la polizia aveva indagato su Regeni, il che vuol dire che Regeni lo conosceva ed è quindi falsa la meraviglia con cui all’inizio la polizia stessa aveva circondato la scoperta del cadavere di Giulio: “Mai visto, mai sentito, non sappiamo chi è”. E’ impossibile che non sapesse in quanto aveva indagato su di lui. E poi tutto quello che è mancato finora non è mancato perché il procuratore egiziano non ha agito, ma perché la polizia non ha fornito al procuratore ad esempio le celle telefoniche. 

C’è poi la questione della video sorveglianza della metropolitana… 
Quel sistema è decrittabile con un sistema tecnico, forse abbastanza complesso, che se gli egiziani non sono in grado di attivare, lo avrebbero potuto attivare gli investigatori italiani. Un prodotto forse di produzione tedesca e l’Italia aveva detto al Cairo: “Ve lo decrittiamo noi”. Ma quelle video cassette la polizia non le ha ancora fornite. 

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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 10.9.16. per la sezione , , , , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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