Serbia: entrando in Europa il peso politico internazionale della Serbia aumenterà
Di Nemanja Vlaco
D: E’ stato sorpreso dalla sconfitta di Boris Tadic e
dal trionfo di Tomislav Nikolic alle elezioni presidenziali in Serbia?
R: Certamente si è trattato di un risultato inatteso. In più ad incidere molto sull’esito delle
presidenziali è stata anche una massiccia diserzione dalle urne dovuta alla
delusione per la crisi economica e ad una certa disaffezione verso la politica
che, anche in Serbia come in molti altri paesi europei, ha finito per rompere i
vecchi equilibri. Nella campagna
elettorale, tuttavia, ha contato molto anche la tenacia di Nikolic,
politico di grande esperienza, e alla sua terza campagna elettorale, dopo le
sfide del 2004 e del 2008. Una campagna apprezzata in Europa per il clima
sereno e l’atmosfera positiva in cui si è svolta, e conclusa con delle
importanti rassicurazioni da parte del neopresidente eletto sulla continuità
nella politica d’integrazione europea e nella collaborazione regionale. L’Italia e la Serbia sono paesi amici
e partner strategici di grande rilevanza, che hanno saputo sviluppare una
fitta rete di opportunità e di rapporti bilaterali, in primo luogo
nell’economia e nella cooperazione industriale. Sono certo che anche il
presidente Nikolic saprà confermare questa tradizione e mi auguro che anche
sotto la sua guida la Serbia compia i passi dovuti per entrare a far parte
della grande famiglia europea. Perché
entrando a far parte di un’Unione di 500 milioni di cittadini, il peso politico
internazionale della Serbia stessa aumenterà in modo esponenziale, potendo partecipare
alle sfide globali su un livello pari a quello dei maggiori attori
internazionali.
D: Come potrebbe cambiare,
se cambiasse, la politica dell’UE verso la Serbia adesso? Qual e’ la posizione
dell’Italia su questo?
R: Intanto
bisognerebbe sgomberare il campo
da facili semplificazioni che hanno portato a credere che la vittoria di Nikolic abbia
innescato una revisione radicale della politica dell’Unione europea verso la
Serbia, o, peggio, di chi ha voluto
vedere nell’esito elettorale una sorta di referendum su chi tifava
euroentusiamo e chi, al contrario, sarebbe stato più euroscettico.
I primi punti dell’agenda del
nuovo presidente sono stati occupati dalle parole “pacificazione”, “rilancio
dell’economia” e “tutela dei diritti delle persone”.Parole che mi auguro
possano tradursi presto con passaggi concreti. Una rotta, questa, accolta con
favore anche dai leader dell’UE Herman Van Rompuy, Josè Manuel Barroso e
Catherine Ashton, i quali hanno auspicato un miglioramento delle relazioni tra
Belgrado e Bruxelles. E su questo, quindi, non vedo alcuno stravolgimento
della politica estera europea verso la “nuova Serbia”.
Per quanto riguarda l’Italia ricordo che il mio
paese è sempre stato in prima linea nel difendere e sostenere le aspirazioni
del popolo serbo. In particolar modo
mi sono personalmente speso, prima come Commissario europeo, poi come ministro
degli esteri italiano, a favore della liberalizzazione dei visti e
dell’avanzamento nel cammino europeo di Belgrado. Anche oggi l’Italia sarà
sempre presente, a ogni passaggio, per incoraggiare la Serbia e per garantire
che questo percorso venga portato avanti nel modo più imparziale e oggettivo
possibile.
Aggiungo, infine, che per
stimolare un approccio più muscolare della politica estera europea, anche sui
Balcani, abbiamo creato a livello PPE un
gruppo ad hoc, che ho il piacere di co-presiedere insieme al vicepresidente
del Ppe ed europarlamentare portoghese Mario David, di cui fanno parte ex
ministri degli Esteri, membri del Parlamento europeo e dei parlamenti
nazionali, e che si riunirà nuovamente la prima settimana di settembre.
D: Il Suo commento sulla
stretta di mano tra Tadic e Taci al Croatia Summit 2012 di Dubrovnik? Si
aspetta da Nikolic lo stesso?
R: Si è trattato di un gesto “simbolico”, ma di indubbia
maturità politica. E mi auguro che
ambo le parti sappiano cogliere quel gesto nella sua importante essenza, che è
quella di poter aprire le porte al dialogo tra Belgrado e Pristina. Un
dialogo necessario e non più rinviabile, dove gli steccati, oltre che nelle
photo opportunity, devono essere superati anche a livello istituzionale. Mi
auguro quindi, che al di là dell’iniziativa personale di Tadic, anche il nuovo presidente Nikolic
sappia portare avanti con responsabilità questo confronto.
D: Come vede l’attuale
situazione politica nei Balcani e la cooperazione nella regione?
R: La cooperazione regionale e' un prerequisito della
sicurezza e della stabilità. Ma è
soprattutto un elemento essenziale del processo
di stabilizzazione che accompagna i paesi dei Balcani occidentali
verso l'adesione all'Unione europea. Ecco perché non si può guardare
all’attuale situazione politica con i soli toni del bianco o del nero. La
realtà è molto più complessa, ricca di colori e sfumature diverse. Ma quel
che deve emergere, deve essere quel capitale politico e diplomatico che si è
più volte messo in moto in questi anni e che – lungi da qualsiasi opposizione –
ha davvero avuto voglia di guardare più all’unione e all’inclusione e non alla
divisione.
D: Secondo Lei, quali
dovrebbero essere le priorità del nuovo governo serbo?
R: Il fatto che la prima visita ufficiale del
presidente Nikolic all’estero sia stata fatta a Bruxelles conferma la volontà
di dare un’impronta molto europea al proprio mandato. E anche se dai
colloqui intercorsi tra il presidente e le alte cariche europee non è mai
emersa la volontà di porre il riconoscimento del Kosovo come condizione per
l’adesione di Belgrado, mi auguro si possa comunque andare avanti, con più
forza e convinzione, con una normalizzazione dei rapporti con il Kosovo. Sul
piano più interno, la Serbia deve essere consapevole che l’attuale crisi
economica non deve in alcun modo rallentare il processo di riforme: vanno
incalzate e condivise per fronteggiare pericolose strangolature sociali e sulla
crescita. E su questo sono certo che, di fronte alla responsabilità che
tutti i governi d’Europa hanno oggi verso i propri cittadini, anche la Serbia
saprà scegliere la via della collaborazione e della responsabilità per puntare
alla crescita, al benessere sociale, alla sicurezza, alla lotta contro la corruzione
e la criminalità organizzata .
D: Qual è la soluzione per
il nord del Kosovo dove i serbi non accettano le autorità di Pristina?
R: Il problema
del nord del Kosovo va affrontato con l’impegno delle autorità
di Belgrado e la forza da parte di Pristina. A ciò aggiungo che la
prospettiva europea è l'unico modo per evitare il risveglio di vecchi toni
suscettibili di innalzare la tensione, con il concreto rischio di ripercussioni
negative sul percorso di avvicinamento all’Europa. L’Italia, in coordinamento con
l’unione Europea, ha sempre condannato fermamente ogni forma di violenza tesa a
risolvere unilateralmente qualsiasi problema in Kosovo settentrionale; convinta
che il grande contributo dell’Europa possa invece portare ad una neutrale e
pacifica stabilizzazione dell’area. Il dialogo resta, quindi, il valore
aggiunto nel contesto più ampio delle prospettive europee dei due Paesi. Occorre,
in più, che le Autorità di Pristina assicurino ogni sforzo affinché le
condizioni di vita della componente serba – in particolare nel nord – possano
svilupparsi nel pieno rispetto dei propri diritti e nel contesto di uno
sviluppo socio-economico che sia quanto più armonico su tutto il territorio.
D: Lei sarà consulente
volontario di Vuk Jeremic, il neo-presidente dell’Assemblea generale dell’ONU,
facendo parte del suo team?
R: Ho
appreso da un’intervista che il mio amico Vuk Jeremic mi vorrebbe insieme a
Moratinos nella sua squadra all’Onu. E’
un invito che mi onora e mi lusinga, perché avviene, evidentemente, a
coronamento di un’amicizia consolidata nei tanti anni di rispettive esperienze
al governo, che ci hanno portato a compiere passi e collaborazioni importanti
su vari fronti. Ringrazio quindi Jeremic per questa proposta, e per aver
voluto confermare – attraverso questa chiamata – il forte legame che ci unisce e
la fiducia riposta nei miei confronti in vista dell’importante incarico
all’Onu. Tuttavia non credo di poter sciogliere la riserva in tempi brevi:
molte sono le sfide che anche il mio Paese in questi mesi si trova ad
affrontare e su cui è richiesto un particolare impegno di tutte le forze
politiche responsabili che stanno lavorando per dare più fiducia e più
stabilità all’Italia e all’Europa. Quindi, come ricorda il famoso detto:
ogni cosa a suo tempo.
Responsabile affari
internazionali Pdl
Co-chair del gruppo ad hoc
del PPE sulla politica estera
Presidente della Fondazione
Alcide De Gasperi
Pubblicato da Franco Frattini
il giorno 19.7.12. per la sezione
Mondo,
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CARO FRANCO....ANCHE QUI...TI HO LETTO....E L'IMPRESSIONE CHE HO TRATTO DALL'ANALISI DI QUESTE MULTIFORMI PROBLEMATICHE E' CHE MI SENTO PICCOLO !!! SI SI PICCOLO !!! MAMMA MIA QUANT'E' GRANDE IL MONDO...SAI IO SONO CONCENTRATO SUI LAVORI DEL MIO MAROCCO CHE NON PARTONO MAI...MA IO NON POSSO LASCIARE IL PEZZO...MA SONO SOLO A REGGERE LO SFORZO....E POI SEGUO IL MIO EDOARDO A LOS ANGELES...ED A TORINO CERCO DI STARE A GALLA...MA....MAMMA MIA QUANTO E' GRANDE IL MONDO....UN CARO SALUTO