Fondazione De Gasperi - Frattini: "riannodare fili tra politica e cittadini"
Le Fondazioni: serbatoi per il buon governo
«Politica vuol dire realizzare!».
Era l’aprile del 1949 quando De Gasperi pronunciò questa frase. La politica
come compimento di quanto enunciato nei programmi. Perché realizzare vuol dire
condividere. E condividere vuol dire incoraggiare quei pensatoi dove le idee e
le proposte possono confrontarsi e diventare espressioni di un atteggiamento
responsabile della politica finalizzato alla speranza.
Un recente sondaggio ha rivelato
che quasi un italiano su due è convinto che un sistema democratico possa funzionare
anche senza partiti. Ne capisco la disaffezione, dal momento che il segno di
una frattura tra cittadini e partiti è oggi sempre più evidente. Ma non ne
condivido le conclusioni. In primis, perché non esiste democrazia senza
partiti. Secondo, non esiste proprio perché un sistema senza partiti non
sarebbe in grado di garantire nessun tipo di governo, dal momento che il
Parlamento diventerebbe una babele di ingovernabilità.
Ma soprattutto, un sistema
democratico non può vivere senza futuro. È indubbio: all’attuale congiuntura
economica negativa si è aggiunta la ben più pericolosa crisi delle idee.
“Pensare politica” deve allora voler dire tornare ad orientare e stimolare la
stagione della speranza: la politica non più intesa come “una piccola
escursione”, come avrebbe detto De Gasperi. Pensare e fare politica deve voler
dire avere una missione ed una visione: organizzare un modello virtuoso di idee
e proposte tese a nutrire speranza verso le prossime generazioni in termini di
prospettive: formazione, lavoro, casa, famiglia. Perché – sempre per parafrase
uno dei più significativi rappresentanti e testimoni della storia italiana – se
«il politico
guarda alle prossime elezioni, uno statista deve guardare alle prossime
generazioni».
L’Italia si trova di fronte ad un
crocevia epocale: i cittadini si indignano per il fatto di subire scelte che
vedono imposte dall’alto. L’opinione pubblica protesta contro decisioni che
percepisce come violazioni di sovranità nazionale o commissariamenti esterni,
lamentando il deficit democratico e l’esclusione dalle dinamiche decisionali.
Tutti i partiti pagano il
prezzo di mancanze, esitazioni, contraddizioni, su cui ciascuno dovrebbe
interrogarsi per la sua quota di responsabilità.
Nella moderna arena politica, i
continui caroselli di battibecchi e personalismi hanno finito per inaridire il
dibattito ed il confronto sulle idee. I linguaggi folkloristici e la logica
della matematica parlamentare hanno frullato il senso e la straordinaria
capacità di quei laboratori culturali da sempre alleati dei partiti come
animatori di attività e proposte. Le idee sono sfiorite. Le proposte hanno
perso i frutti.
Le fondazioni, allora, contro la
carenza di idee e la costante ricerca di consensi facili potrebbero essere
la giusta ricetta per guarire la politica dalla sua patologia. Perché un
sistema democratico, oltre ai partiti, ha bisogno anche di “serbatoi di
pensiero” come collettori di idee ed energie che stimolino i partiti stessi a
concretizzare, finalmente, quelle azioni e programmi che fino ad oggi reticenze
e veti incrociati hanno impedito di attuare.
Non è un caso se a quasi
sessant’anni dalla sua scomparsa, il
nome di De Gasperi continua a comparire nelle cronache
dell’Europa e dell’Italia, come se, a causa dell’insoddisfazione che ci offre
la politica dei nostri giorni, si senta il bisogno di dover andare a cercare
nel passato qualcosa di valido tutt’oggi per aiutarci a cambiare le cose.
E’ davanti alla constatazione di
questo grande divario tra gli alti ideali del passato e la crisi di leadership
del presente che i laboratori di idee diventano il carburante necessario per
rifornire il dibattito politico di speranze e certezze per i nostri figli.
Le grandi visioni non hanno né
tempo, né età. Penso al debito pubblico: dove noi italiani siamo coscienti
della necessità di un riequilibrio generazionale, essendo insostenibile – oltre
che immorale – una situazione che addossa agli incolpevoli figli la
responsabilità dei padri. O in cui, per giunta, la generazione dei figli si
trova a vivere addirittura in una condizione peggiore.
Penso al pensiero di De Gasperi
come grande veicolo per la diffusione di un rinnovato europeismo contro la
scure degli egoismi nazionali.
Penso alla difesa dell’euro: una
scelta lungimirante che ci ha modernizzati sul piano economico, e senza la
quale oggi saremmo tutti più fortemente in preda agli effetti drammatici degli
attacchi speculativi.
Il vocabolario della politica
dovrebbe utilizzare di più parole come verità e coerenza: riconoscere i propri
errori e snocciolare all’elettore i problemi della politica senza depurarli dai
doveri. Portare i partiti ad aver un rapporto sempre meno politico e più umano,
decentrato dalla visione di potere.
Un vocabolario a cui anche la
Fondazione De Gasperi può dare un significativo contributo, promuovendo e
stimolando il legato di valori per cui i nostri padri fondatori si sono
battuti e su cui incentrare l’azione politica attuale.
Dopo anni di attese e lunghe
meditazioni De Gasperi raggiunse le più alte cariche dello stato all’età di sessantaquattro
anni, e non per cercarvi ricompensa, ma per dedicarsi alla ricostruzione. Anche
noi abbiamo deciso di corteggiare le idee, e non il pallottoliere. Si tratta di
conquistare non posti o poteri, ma gli animi delle future generazioni.
Riannodare i fili tra la politica ed i cittadini: aprire un rapporto umano con
la persone prima ancora che con l’elettore. Perché gli uomini spariscono, ma i
popoli ed i Paesi restano. Ecco perché sta anche a noi preparare un avvenire
migliore.
* Franco
Frattini , Presidente della Fondazione Alcide De Gasperi
Pubblicato da Franco Frattini
il giorno 25.7.12. per la sezione
Fondazione De Gasperi e SIOI,
PPE,
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Sagge parole: la politica con la "P" maiuscola è quella che lavora per le nuove e future generazioni. Quella con la "p" minuscola si ferma all'appuntamento elettorale. In Italia la prima fa un po' difetto. Fondazioni come "serbatoi di pensiero" ? Si, ma in questo momento in cui la politica è "malata" ed i partiti stentano ad uscire da una brutta crisi d'identità. A "regime" questo ruolo è di competenza dei partiti.