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Franco Frattini intervistato da Reporter Nuovo: "c’è un pregiudizio anti-italiano che è ancora diffuso all’estero"


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Onorevole Frattini, lei ha più volte alzato la voce contro il direttorio franco tedesco. Anziché ricorrere ad assi bilaterali come suggerirebbe di gestire la crisi che investe l’Europa?
Evitando di rinchiudersi in modo miope nel proprio angolino. Ferma restando la piena legittimità della tutela dell’interesse nazionale, pensare di ottenerla con modalità esclusive ed anti-unitarie è esercizio di rara sterilità. Ultimamente noto una benaugurante inversione di tendenza: un’inversione che sta dando frutti che si incaricheranno di dimostrare a quanti ancora non l’hanno capito che con i direttori non si va da nessuna parte. Un direttorio è per sua natura una vocazione ad essere antieuropeista. E poiché sono sempre stato tra i più convinti sostenitori del metodo comunitario – metodo che anche di recente, con la mozione unitaria, abbiamo chiesto di rafforzare anche al presidente Monti nelle sue trattative a Bruxelles – ho detto no da subito a tutte quelle iniziative, anche simboliche, che in un momento come questo danno quel senso di divisione che certamente oggi non aiuta l’Europa.

Uno dei maggiori problemi che investe la Germania è che se da una parte le si chiede di assumere più responsabilità, dall’altra si grida subito allo spettro di un "quarto Reich". Lei che ne pensa?
E’ ormai troppo tempo che alla Germania viene associata per riflesso condizionato una minaccia che io considero oramai archiviata dalla storia. Il problema non esiste.

C’è chi ritiene che l’Italia abbia acquistato maggiore credibilità internazionale dopo la caduta dell’ex premier Berlusconi. Lei pensa che il rapporto Italia - Germania sia cambiato con l’avvento di Mario Monti alla guida dell’esecutivo?
Il presidente Monti ha ribadito più di una volta di agire in continuità con l’operato del precedente governo. Continuità che ha voluto riconoscere molte delle cose buone che sono state fatte durante il nostro periodo al governo. A ciò, poi, si aggiungono il profilo e la solida immagine internazionale del professor Monti, che indubbiamente contribuiscono a mantenere ottimi i rapporti tra Roma e Berlino.

Giulio Terzi di Sant’Agata è il nuovo ministro degli Esteri. Cosa consiglierebbe di mettere ai primi posti della sua agenda politica nei rapporti con la Germania?
Italia e Germania sono entrambi Stati fondatori dell’Unione europea. Sono certo che il Ministro Terzi saprà valorizzare questa scelta e lavorare nel solco dei comuni valori europeisti. Il ministro Terzi è un grande amico ed un eccellente diplomatico, profondo conoscitore della politica estera del nostro Paese. Sono certo che proseguirà, con la Germania così come con altri paesi, una fruttuosa continuità con le linee che il ministero ha portato avanti in questi anni sui grandi scenari internazionali. L’Europa è una priorità ed un punto di riferimento essenziale per l’Italia, e mi sembra che il ministro Terzi abbia già posto adeguatamente  l’accento su questo interesse nazionale così importante.

Ha mai avuto attriti o difficoltà con il ministro degli esteri tedesco Westerwelle all’epoca del suo incarico alla Farnesina?
Assolutamente no. Anzi, ho avuto la fortuna di conoscere Westerwelle e di diventare un suo amico. Insieme abbiamo fatto fronte comune in molte battaglie, non da ultime la difesa delle minoranze cristiane perseguitate, la prospettiva di pace da ridare al popolo afghano dopo la guerra ed il futuro politico della Libia.

Italiani e tedeschi: due popoli vicini fisicamente quanto culturalmente distanti. Quali sono le qualità che più apprezza  e che vorrebbe appartenessero anche a noi italiani?
Stalin diceva che in Germania non ci sarebbe mai stata la rivoluzione perché per farla bisognerebbe calpestare le aiuole. Ecco, se gli italiani prendessero un po’ esempio dai tedeschi quanto a rispetto non tanto per le aiuole quanto per tutto il resto di ciò che è pubblico, sarebbe un guadagno per tutti.

Sia in qualità di ministro degli esteri che di comune cittadino, come descriverebbe l’immagine che gli italiani hanno dei tedeschi?
Credo che esistano ancora troppi luoghi comuni che imprigionano i modi di pensare e oscurano il sincero rapporto che italiani e tedeschi coltivano amichevolmente da anni. L’immagine che si ha di queste popolazioni non è certo quella sbattuta sulle prime pagine dei settimanali. Qualche giorno fa, insieme al Segretario nazionale del Pdl Angelino Alfano, siamo stati invitati da un europarlamentare della Cdu a partecipare ad un evento organizzato dalla Fondazione Adenauer a Berlino. Siamo stati accolti con una cortesia ed una disponibilità uniche. Nella sala della festa ci siamo sentiti tutti europei, seppur portatori ciascuno della propria cultura nazionale. E’ quello che succede quando gli italiani vanno a Berlino o i tedeschi vengono a Roma. Il resto sono solo graffi e valutazioni messe in giro da chi evidentemente non conosce abbastanza questi popoli e si ferma a dare un giudizio superficiale.

Il “Der Spiegel” non è mai stato tenero con il nostro paese, a partire dalla famosa copertina che ritraeva  un piatto di spaghetti con una pistola appoggiata sopra fino all’ultima che riguarda il naufragio della Costa Concordia. Secondo lei qual è il motivo di questo accanimento?
In generale c’è un pregiudizio anti-italiano che è ancora diffuso all’estero, ma, le ripeto, come tutte le opinioni di pancia estremamente popolari, è soprattutto un ottimo modo per vendere i giornali. Senza contare che in Germania la campagna elettorale è alle porte e si tratta di un Paese con rilevanti questioni aperte sia sul piano interno sia su quello internazionale. E in una situazione simile caricare la retorica tira sempre su il morale.

La risposta del direttore del “Giornale” è stata altrettanto forte: “A noi Schettino, a voi Auschwitz”. Lei come avrebbe risposto a questa provocazione?
Sicuramente avrei evitato di tirare in ballo l’Olocausto: le tragedie vanno lasciate fuori dalle polemiche mediatiche. Detto questo, l’articolo dello Spiegel era un concentrato di luoghi comuni anti-italiani talmente stucchevole da non potere cadere nel silenzio. La miglior risposta in questi casi sono i fatti: l’incontro a Bruxelles e la sinergia tra il presidente Monti e la cancelliera Merkel hanno dimostrato che i giornali non dettano l’agenda dei leader politici, né tantomeno possono sostituirsi alla politica dei palazzi. A loro la penna, alla politica i fatti. 



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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 15.2.12. per la sezione . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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