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FRATTINI: IL CAVALIERE CHIUDA DA UOMO DI STATO. AIUTI A SALVARE IL PAESE ANCHE CON IL PD


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Intervista al Corriere della Sera
Francesco Verderami

ROMA - «L'Italia prima di tutto», dice Franco Frattini. Che si schiera a favore di un governo di responsabilità nazionale. Il titolare della Farnesina non pronuncia il nome di Mario Monti - «sarebbe irrispettoso esprimersi per un ministro uscente» -ma fa capire come sia pronto a sostenere un gabinetto guidato dall'ex commissario europeo, «personalità di alto profilo istituzionale appena nominata senatore a vita dal capo dello Stato. Una decisione, quella di Giorgio Napolitano, dal forte significato, che mi sembra preparare il terreno a prossimi passaggi politici. D'altronde il presidente della Repubblica è stato chiaro: escludendo di voler avallare ipotesi di ribaltone, ha detto però che bisogna varare in fretta un nuovo esecutivo, altrimenti c'è solo la strada delle urne».
Il dirigente del Pdl sostiene che l'Italia ma anche il suo partito sono a «un bivio»: «Un governo autorevole, che possa godere di una maggioranza larga; oppure una campagna elettorale di due mesi che rischierebbe di far schizzare i rendimenti dei titoli italiani all'8%, limite oltre il quale - secondo il governatore di Bankitalia - c'è il default. Di fronte a un simile bivio, un uomo di Stato non può che indicare la strada del governo autorevole».

Sta dicendo che Silvio Berlusconi dovrebbe appoggiare un gabinetto tecnico?
«A parte il fatto che non esistono governi tecnici, perché tutti - con il voto del Parlamento - sono governi politici, come si fa a dire di no al capo dello Stato? Il Pdl non può seguire il grido che sale dalle curve e che inneggia alle urne. C'è un interesse nazionale, che viene prima di tutto, e c'è anche un interesse di parte: nel senso che gli interessi politici dei moderati coincidono con l'interesse del Paese».

E’ dunque favorevole alla presenza del Pd in maggioranza.
«Spetterà al presidente della Repubblica esplorare il Pd. Intanto ragiono sulle forze che si ispirano al popolarismo europeo, penso all'Udc e all'Mpa. Quanto ai Democratici, il mio personale auspicio è che ci siano, sebbene non veda ancora maturato questo convincimento. Nel Pd ci sono varie anime: se penso a Enrico Letta non ci sono problemi, ma ho sentito il segretario della Cgil parlare delle riforme concordate con l'Europa come di "macelleria sociale". E allora quale sarà la decisione del Pd? Sarà in Parlamento a varare le riforme necessarie sul fronte previdenziale e su quello del mercato del lavoro o sarà in piazza a protestare?».

Il punto è: dove sarà Berlusconi? È pronto ad accettare un governo appoggiato anche dal Pd?
«Gli ho parlato e credo che comprenda la situazione. Nessuno può sentirsi additare come il leader di una forza che ha fatto fallire l'Italia».

Lo accetta o no?
«Sta riflettendo seriamente».

E se dicesse no?
«Ci sarebbero conseguenze gravi per il Paese, per via della reazione dei mercati. E conseguenze gravi anche nel partito. Molti colleghi del Pdl pensano che le urne siano dannose e non credo che una forza politica come la nostra meriti di essere additata come causa della crisi dell'Italia. Comunque, se il partito indicasse la strada delle elezioni anticipate, non mi sentirei di partecipare a quella partita e mi dissocerei pubblicamente in Parlamento».

Al punto da lasciare il Pdl?
«Sarebbe un'opzione. E credo che larga parte del gruppo dirigente sarebbe della mia stessa idea. Perciò ritengo che sarebbe un errore far emergere questa frattura nel partito, specie ora che Berlusconi ha compreso la gravità del momento».

Ma un pezzo di Pdl si oppone alla nascita di un governissimo.
«La discussione è accesa, ma dobbiamo essere consapevoli che, se si andasse verso il voto, i nostri avversari ci dipingerebbero come quelli che hanno provocato la crisi dell'Italia. E prima ancora ci sarebbe una diaspora nel partito, una disaffezione che dai vertici della dirigenza arriverebbe fino ai responsabili territoriali, passando attraverso i gruppi parlamentari. Come potremmo presentarci in una fabbrica o a un dibattito con imprenditori, senza prenderci dei pomodori in faccia?».

Insomma, se Berlusconi prendesse la strada delle elezioni, il Pdl subirebbe una scissione.
«Io confido che Berlusconi voglia confermare il gesto di responsabilità che ha compiuto, recandosi dal capo dello Stato e annunciando le proprie dimissioni dopo il varo della legge di Stabilità. Malgrado ci fosse chi lo sconsigliasse dal farlo, e gli chiedesse di resistere, di recuperare i transfughi per andare avanti, ha compreso che l'interesse del Paese deve prevalere sulla linea delle tifoserie da stadio. Così tra Quirinale e palazzo Chigi si è innestata una collaborazione istituzionale che credo debba continuare nei prossimi passaggi».

Lei comunque è pronto al passo. Anche a costo di rompere l'asse con la Lega?
«L'Italia prima di tutto... Comunque non sono ancora convinto che la Lega decida di non appoggiare il nuovo esecutivo. E sono certo che la rottura del rapporto sarà evitata dalla lealtà tra Berlusconi e Bossi, che - quando c'è da dire una parola - è uomo molto saggio».

Così tramonta l'era di Berlusconi.
«Se c'è il suo concorso attivo alla nascita di un governo che porti al pareggio di bilancio, vorrà dire che una pagina della storia d'Italia si sarà chiusa e se ne sarà aperta un'altra. Una pagina che anche Berlusconi avrà contribuito a scrivere. Insomma, l'era si può concludere con il tramonto o da uomo di Stato».

E con la sua era si chiuderà anche l'era del bipolarismo.
«Non sarà così se - dopo aver salvato il Paese - riusciremo a tornare a parlare di politica. E se il nuovo governo avrà varato una nuova legge elettorale maggioritaria».
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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 10.11.11. per la sezione , , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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