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Il problema non è il passo indietro di Berlusconi, ma il nostro passo avanti.


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«La fede fiorisce come gemma sul tronco solido della ragione». Questa frase di San Gregorio di Nazanzio sintetizza in maniera mirabile il senso della fede. Non un a priori, un pregiudizio da utilizzare per forzare l’interpretazione della realtà, bensì uno stimolo a giudicare attraverso un uso vero e profondo della ragione.

La nostra libertà di cristiani impegnati nella costruzione del bene comune, si gioca tutta in questa sfida.

Non esistono formule magiche. Supporre che potremmo essere diversi, ovviamente migliori, e le cose finalmente andare bene con la scomparsa dalla scena politica di Berlusconi, è sbagliato e ideologico.

Se davvero Berlusconi è l’origine di tutti i mali, tutti noi cattolici militanti nel Popolo della Libertà altro non siamo che complici risibili e inerti.

Al contrario, Berlusconi ha avuto la forza di mettere insieme, ciascuno con la propria identità e senza che nessuno si sentisse ospite, ciò che insieme apparentemente non poteva stare dando voce, pur non compiendola, alla speranza di molti di noi. Lo ha fatto attraverso un programma di riforme del sistema e di valori condivisi su cui oggi abbiamo il dovere di mettere in gioco tutta la nostra responsabilità.

Spetta a noi, quindi, e non a Berlusconi fare in modo che questo patrimonio non si disperda realizzando forme di partecipazione alla politica e riforme antistataliste nel segno di valori che non rappresentano un’esclusiva dei cattolici.

È la proposta politica che siamo chiamati a costruire oggi nel Popolo della Libertà, il suo fascino sta nei contenuti e non, invece, nella scommessa sterile su se e come si concluderà la stagione dell’uomo che ha contraddistinto la Seconda Repubblica. Il problema non è il passo indietro di Berlusconi, ma il nostro passo avanti. La nostra assunzione di responsabilità a fronte di chi è tentato dallo scetticismo o peggio ancora dalla violenza. A chi cerca in piazza di surrogare la democrazia non si risponde solo con la polizia, ma proponendo una politica garante dei tentativi che le persone, le famiglie, le imprese fanno per vivere meglio. Garante, non padrona.

Questo vuol dire, ad esempio, non rassegnarsi a un “Paese per vecchi”, dove il succo dello scontro politico appare essere la difesa a oltranza delle corporazioni che da anni tengono in ostaggio l’Italia e il suo sviluppo. Vogliamo spazio per libertà di educazione e di impresa.

Perché un partito che non difenda la creatività di coloro che nella società costruiscono, magari talvolta contestandoci, opportunità per tutti, non sarebbe difensore di interessi legittimi, ma una banda tenuta insieme solo dalla spartizione del potere.

La strada non è breve né semplice da percorrere. Dobbiamo mettere da parte i personalismi e promuovere in questi mesi la riconciliazione e il confronto tra tutti coloro che sono separati in Italia e uniti, guarda caso, in Europa sotto le insegne del Partito popolare europeo. Vivono cioè sotto lo stesso tetto, capaci di superare, attratti dall’affermazione di un ideale più grande, le contraddizioni che in Italia appaiono un muro invalicabile.

Una stagione costituente, capace di ridare slancio al nostro stare insieme, nasce insomma non da “ammucchiate” consociative, ma dalla proposta di un soggetto politico attore a pieno titolo di una visione dell’Europa corrispondente al progetto ideale dei padri fondatori, di un’economia sociale di mercato che coniughi la crescita e i diritti dei lavoratori, di una società in cui la fede e la libertà religiosa siano il cemento e non l’ostacolo per edificare la convivenza civile.

Ognuno di noi vuole vivere la responsabilità che gli è affidata con realismo, perché è da questo che dipende il nostro futuro.

Le ragioni che ci hanno spinto ad entrare in politica al fianco del premier Berlusconi vanno ben al di là delle sue qualità e delle sue incoerenze. Sono invece legate a ciò in cui crediamo, e che ha trovato in Berlusconi un catalizzatore imprevedibile e forte. Sarebbe ingratitudine addossare a lui solo ciò che non siamo stati capaci di fare.

Sarebbe enormemente grave non batterci adesso perché i valori e le idee che abbiamo care vengano sottratte alla logica di un cupio dissolvi.

Nella nostra unità, e in un sostegno convinto alle ragioni e alle esperienze di chi quotidianamente è impegnato in quella parte di Italia così attiva e così motivata al cambiamento del Paese, sta la strada giusta per accompagnarci in un tempo tanto difficile. Se non siamo una corte, ma siamo parte di una storia, è il momento di dimostrarlo.

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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 19.10.11. per la sezione , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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