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Futuro diverso solo se donne più libere


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LA PRIMAVERA DELLA CONDIZIONE FEMMINILE?
La primavera araba come primavera della condizione femminile nei Paesi arabi. Sogno o ipotesi realistica? E’ presto per dirlo ma io penso che ci siano buone possibilità se le speranze di cambiamento, modernità e benessere non verranno soffocate da ipotesi regressive e tradizionali. Il futuro sarà davvero diverso se saprà dare anche alle donne maggiori libertà, se saranno riconosciuti i loro meriti ed il loro ruolo non solo nella famiglia ma nella società, nell’economia, nella politica.

I diritti umani che vogliamo contribuire ad affermare nel mondo – e che la Primavera araba ci impone di difendere nel Mediterraneo - sono diritti dell’uomo ma anche della donna. Le immagini televisive che ci sono giunte da Tunisi e da piazza Tahrir al Cairo, hanno rivelato il protagonismo delle donne egiziane. Hanno affiancato gli uomini e rischiato la vita per la democrazie e per un futuro migliore. Sono scese in piazza anche a Sanaa, sfidando precetti medievali di segregazione che nulla hanno a che fare con il vero Islam. Hanno manifestato in Siria con grandissimo coraggio e si sono messe al volante in Arabia Saudita contro il divieto di guida che ostacola la loro vita quotidiana.

Non vorremmo, però, che, passata l’euforia e la necessità di riempire le piazze, fossero ora progressivamente escluse dai processi di transizione. Il riconoscimento dei loro diritti fondamentali dev’essere requisito indispensabile per la partecipazione a tale processo da parte di tutte le componenti della società, incluse quelle di ispirazione islamica. Vigileremo, perché un arretramento su questo fronte segnerebbe una sconfitta delle ragioni stesse della rivoluzione.
Sono tantissimi i settori in cui si può operare. L’esercizio di riscrittura dei testi costituzionali in diversi Paesi offre un’opportunità senza precedenti per assicurare parità di diritti alle donne nell’ordinamento giuridico. Occorre poi dare impulso alla partecipazione femminile ai processi elettorali (elettorato attivo e passivo), rafforzare la lotta contro le violazioni dei diritti ed il sostegno alle attiviste delle più quotate organizzazioni femminili.

Abbiamo visto segnali positivi in questi mesi tormentati. I partiti che si sono affrontati ieri alle elezioni per l’assemblea costituente tunisina dovevano includere una donna nelle liste elettorali per essere ammessi. Anche in Egitto, alle prossime elezioni di novembre, il 70% dei deputati sarà eletto sulla base di liste elettorali che dovranno includere almeno una donna. E una donna, Bothaina Kamel, ha annunciato di volersi presentare alle presidenziali egiziane. La carta di principi costituzionali elaborata dall’Università di Al-Azhar, sempre in Egitto, riconosce espressamente i diritti delle donne ed è un’iniziativa che abbiamo seguito con grande attenzione proprio per il senso di apertura e moderazione che la ispira.

Molto resta da fare. Occorre in particolare accrescere la consapevolezza di tutti, uomini e donne, sul ruolo centrale che questo tema ha e avrà nel futuro.

La parità di genere è una sfida per i Paesi nordafricani e Mediorientali, nonché per molti Paesi in via di sviluppo. Ma lo è anche per la maggioranza dei Paesi occidentali, Italia inclusa. Sappiamo che è un obiettivo imprescindibile e un fatto di equità. E sappiamo che ne va della crescita del nostro Paese.

Ci vuole, però, più coraggio da parte degli uomini per superare la resistenza istintiva a condividere gli spazi, le opportunità e il potere che sinora sono stati prevalentemente nostri. E per dare quella spinta che consenta alle donne di recuperare lo svantaggio troppo a lungo accumulato.

LE DONNE STRUMENTO DI PACE
L’Italia sa bene qual è il contributo coraggioso che le donne possono dare alle grandi svolte della storia. Nell’anniversario dei 150 anni dell’unificazione del Paese è stata da più parti ricordata l’audacia e la determinazione delle centinaia di donne, aristocratiche o umili, che si unirono ai movimenti per l’indipendenza del nostro Paese. Lottarono per una causa giusta appoggiando o spronando gli uomini, in alcuni casi anche coordinando le iniziative.

Nel concedere il premio nobel per la pace 2011 all’attivista yemenita Tawakkul Karman l’Accademia di Oslo ha sottolineato che non potremo raggiungere la democrazia e la pace duratura nel mondo se le donne non otterranno le stesse opportunità degli uomini di influenzare gli sviluppi a tutti i livelli.

E’ un premio all’attivismo femminile a favore della giustizia sociale, della libertà e della dignità. Ed è un premio ad una donna che ha saputo abbracciare cause nobili senza rinnegare la sua cultura e la sua fede. Dimostrando, con ciò, che quella fede non è affatto incompatibile con una società aperta alle donne e rispettosa delle loro libertà, ma anche che proprio la società islamiche stanno forse pagando un caro prezzo per la scarsa partecipazione femminile.

L’Economist ha ricordato questa settimana che già nel 2002 il primo Rapporto arabo sullo sviluppo umano citava la mancanza di diritti delle donne come uno dei tre fattori, insieme alla mancanza di libertà politiche e alla scarsa istruzione, che più ostacola il progresso della regione.
Il nobel per la pace a tre donne mi ha fatto doppiamente piacere perché ho personalmente sostenuto la campagna promossa in Italia dalla ONG CIPSI (Coordinamento di Iniziative Popolari di Solidarietà Internazionale), culminata con un evento di presentazione alla Farnesina.

IL LAVORO FEMMINILE: LA VERA RIVOLUZIONE
Il genere femminile è spesso associato all’idea di stabilità, di continuità. Il ruolo biologico che fa della donna la protettrice della vita certamente ha contribuito a quest’immagine, che comunque non è di debolezza ma di forza tranquilla, di tenacia costruttiva.

La donna ha in sé però anche una potente carica innovativa e creatrice. Che va valorizzata e messa a frutto anche nell’economia di un Paese.

E’ ormai chiaro però che una società che esclude le donne dalla vita pubblica e dal mondo del lavoro non è una società giusta né pienamente democratica. Ed è, forse soprattutto, una società più povera perché rinuncia al 50% delle intelligenze e dei talenti. E’di pochi giorni fa che la pubblicazione di uno studio della Banca d’Italia secondo il quale portare al 60% il tasso di occupazione femminile garantirebbe vari punti in più di ricchezza nazionale in Italia (+7%).

Segnalo a questo proposito il convegno organizzato dalla Confcommercio del Piemonte in collaborazione con la Camera di Commercio di Torino per il 18-19 novembre prossimo nel capoluogo piemontese. L’incontro, denominato "Donne d'impresa del Mediterraneo", vedrà riunite imprenditrici italiane e della sponda sud del Mediterraneo, per favorire contatti e sviluppare sinergie tra le imprenditorialità femminili con particolare riguardo al settore del turismo. Parteciperanno il Sottosegretario On. Craxi e il Vice Presidente del Senato Sen. Emma Bonino che modererà anche una tavola rotonda sulla condizione della donna nel mondo arabo.
Le donne hanno sempre partecipato alla vita economico-sociale attraverso la cura della famiglia ed il lavoro domestico. Alla loro capacità di sacrificio ed alla loro abilità a coltivare rapporti umani solidi e duraturi noi italiani dobbiamo la “tenuta” delle reti di protezione sociale anche nei momenti più difficili per il nostro Paese.

Tuttavia, questo ruolo tradizionale deve essere oggi affiancato da una maggior partecipazione alle attività di produzione economica ed ai processi decisionali. Lo esigono le donne e lo giustificano gli studi più recenti. Questi ultimi rivelano, infatti, o come ci sia una correlazione positiva tra occupazione e procreazione: nei Paesi dove le donne sono maggiormente attive sul mercato dl lavoro, si fanno più figli.

Ecco allora che emerge tutto il potenziale delle donne come agenti del cambiamento sul piano economico, sociale e culturale. Più che di cambiamento, che è un termine neutro, sarebbe anzi giusto parlare di evoluzione o di crescita. Assicurare un ruolo dinamico della donna nella società ed avvalersi del suo contributo è sempre un passo verso il progresso.

L’IMPEGNO ITALIANO A FAVORE DELLE DONNE
Ho già accennato al sostegno alla campagna per il nobel per la pace alle donne. E’ stata solo una delle numerose iniziative che il Ministero degli Esteri italiano ha adottato in questi anni per tutelare e promuovere i diritti delle donne in tutti i campi. Voglio ricordare il nostro impegno contro le MGF, attraverso una paziente e costante azione di sensibilizzazione e coordinamento svolta in ambito Nazioni Unite (pur nel rispetto del principio di ownership), azione che mi auguro possa essere presto coronata dalla presentazione, da parte del gruppo africano, di un’apposita risoluzione. Ma possiamo aggiungere anche le iniziative finanziate dalla Cooperazione allo Sviluppo italiana a favore delle tematiche di genere e dell’empowerment delle donne nei PVS, l’inserimento delle tematiche di genere all’ultimo G8 sotto Presidenza italiana o per la concessione del nobel per la pace alle donne africane. Una campagna appena coronata dal successo, del quale ci rallegriamo enormemente.

Aggiungo che lo scorso giugno, la Fondazione Marisa Belisario ha conferito il suo annuale premio, dedicato a figure femminili particolarmente distintesi nel corso dell’anno, ad una candidata segnalata anche dal MAE, l’attivista tunisina Neila JRAD. Un premio volto a riconoscere proprio il ruolo delle donne nella primavera araba.



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Pubblicato da Franco Frattini il giorno 24.10.11. per la sezione . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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