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FRATTINI: PRIMAVERA ARABA, L'ITALIA SOSTIENE IL CAMBIAMENTO


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Franco Frattini auspica che "la primavera araba sia un processo politicamente irreversibile" e che garantisca "un futuro migliore a tanti milioni di giovani".  L'Italia, da parte sua, intende, senza invadenze, "aiutare, quanti hanno promosso il cambiamento, a consolidare questo risultato". Cosi' il ministro degli Esteri in un'intervista esclusiva concessa al sito web dell'Agenzia Italia in arabo (www.agiarab.com) sui principali focolai di crisi in tutto il Nordafrica e il grande Medio Oriente.


Ovviamente il titolare della Farnesina rivendica che l'Italia "e' stato tra i primissimi Paesi ad aiutare questo processo di transizione", ma, ci tiene a sottolinearlo, rispettando sempre "le scelte e le volonta' dei popoli. Noi non siamo mai quelli che presentano una soluzione, che esportano la democrazia. Noi possiamo aiutare a consolidare dei risultati ma nelle mani di coloro che li hanno promossi".


L'arma della diplomazia, senza avventurismi di singoli governi ma condividendo ogni iniziativa con le istituzioni internazionali, Onu ed Ue in primis, e' per Frattini la chiave universale per affrontare tutte le crisi. Cio' a partire dalla sanguinosa repressione in corso in Siria: "Io sono stato tra i primi a chiedere che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si pronunciasse. Mercoledi' questo e' accaduto. C'e' stata una condanna per le violenze", ma, ha proseguito il ministro, questo non basta: dobbiamo continuare a "chiedere che le violenza si fermi subito" perche' non si puo' parlare "quando ancora ci sono i morti nelle strade e l'esercito spara". Per questo Frattini ha rivendicato la sua scelta di richiamare a Roma l'ambasciatore a Damasco: "Abbiamo voluto fare un gesto politicamente forte", osserva, rammaricandosi pero' che l'esempio dell'Italia non sia stato seguito da altri Paesi, a conferma "della lentezza di reazione a livello europeo e della comunità internazionale". Il capo della diplomazia italiana e' comunque fiducioso che "il regime siriano comprenda che la strada dell'isolamento non gli conviene e che quindi vengano immediatamente sospese le violenze".

Sulla missione Nato 'Unified Protector' in Libia, giunta ormai quasi al quinto mese, Frattini riconosce che la missione "si sta trascinando", ma, rivendica che questo accade proprio "perche' il nostro obiettivo non e' quello di uccidere Gheddafi. Se fosse stato quello, forse la guerra sarebbe durata di meno". In Libia, ricorda invece, "siamo intervenuti per proteggere i civili libici ed e' una risoluzione dell'Onu (la 1973, ndr) che ci chiedeva questo". L'Italia per Frattini non sarebbe comunque potuta restare indifferente e sta giustamente facendo la sua parte, militarmente, ma anche diplomaticamente: "Abbiamo visto nascere e abbiamo riconosciuto" tra i primi "un governo transitorio, un governo che non e' piu' solo di Bengasi ma che rappresenta ormai le aree piu' importanti del territorio libico". Per Frattini ora l'obiettivo e' contribuire "a trovare una soluzione politica in tempi estremamente rapidi chiedendo ancora una volta che l'offerta di un dialogo sia accettata da Tripoli, che consenta a degli interlocutori", autorevoli, "di sedersi intorno a un tavolo con il coordinamento delle Nazioni Unite. L'unica precondizione che poniamo tutti, ormai anche l'Unione Africana, e' che Gheddafi non puo' essere parte del futuro della Libia perche' lui e' responsabile addirittura di crimini contro l'umanita', come dichiarato dal procuratore presso la Corte Penale Internazionale".

Mercoledi', si e' aperto al Cairo il processo all'ex presidente egiziano Hosni Mubarak, per Frattini un altro elemento della transizione, che, come per quello (in contumacia) per Zine el Abidine Ben Ali' in Tunisia, "deve essere equo". Il ministro auspica "che non si tratti della vendetta del nuovo governo contro il vecchio. Io vorrei che un regime non democratico, che ha fatto certamente del male al proprio popolo, non venga trattato nello stessa maniera ora che il regime e' cambiato. Lo stesso ci aspettiamo dalla Tunisia".

Il ministro degli Esteri ha infine fatto riferimento alla "disputa sui confini (tra Iraq e Kuwait) che rischia di creare delle scintille gravi". Frattini ha pero' rassicurato che nei suo recenti incontri con gli omologhi di Iraq, Hoshyar Zebari e Kuwait, Sheikh Mohammad Sabah Al-Salem Al-Sabah, ha percepito che "tra i due paesi c'e' una volonta' di dialogare".

Disponibilita' che l'Italia intende facilitare, "invitando le due parti, con il rispetto piu' assoluto, a ritrovarsi e risolvere questa disputa territoriale nel piu' breve tempo possibile". A tal fine Frattini ha anche offerto di ospitare a Roma eventuali colloqui: "Sarebbe splendido anche perche' tutti i due paesi sanno che l'Italia e' un Paese amico, e che soprattutto ha soltanto l'interesse alla stabilita' di quella regione, alla riconciliazione. Noi, a differenza di tanti altri Paesi, non abbiamo mai vissuto un passato coloniale in termini di interferenza sui popoli. Noi ci siamo sempre comportanti con assoluto rispetto ed e' probabilmente anche per questo che molti paesi arabi, direi tutti, hanno fiducia nell'Italia.


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Pubblicato da Lucrezia Pagano il giorno 5.8.11. per la sezione , , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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