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COSTI DELLA POLITICA - REGOLE IN ITALIA COME IN EUROPA


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La prossima settimana il governo si troverà di fronte ad un appuntamento importante: la presentazione della manovra. Importante perché permetterebbe un passaggio verso il pareggio di bilancio, ma anche coraggiosa perché per la prima volta – lontano da ogni demagogia – abbiamo la possibilità sforbiciare i famosi costi della politica nel tentativo – come scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera - di riportare la politica a quella dimensione di sobrietà (e credibilità) alla quale non si stanca di appellarsi il Capo dello Stato Giorgio Napolitano.

Non abbiamo, in questa materia, neanche per un attimo guardato all’Europa o agli altri partners europei e internazionali, salvo poi scoprire che il Presidente di una Provincia italiana può arrivare a guadagnare addirittura di più del cancelliere federale tedesco!

Le giustificazioni a questo costume di casa sono – come dice un noto proverbio – “peggio del buco”: occorre ben pagare, si dice, il politico, a cominciare dagli enti locali fino ai livelli istituzionali nazionali, per prevenire alla radice il rischio della corruzione e del finanziamento illecito. Al contrario, le classi politiche e di governo sono credibili e rispettate se la sobrietà e la correttezza, appunto, sono evidenti e se ovviamente i trattamenti economici – ed i relativi accessori – sono adeguati alla dignità della carica, ma non umilianti e in qualche modo offensivi per la gran parte della popolazione che ad essi non arriva e forse non arriverà mai.

Regole per i costi della politica sono dunque urgenti per ricomporre – ancora una volta evitando di fare della demagogia e incoraggiare un approccio antisistema – la credibilità e la buona immagine della politica come servizio.

Privilegi, cumuli e rendite vitalizie per chi abbia svolto – per un tempo della sua vita talora breve – un incarico politico e istituzionale, sono un costo su cui credo la collettività vedrebbe positivamente una sforbiciata. Ed ugualmente, così come si è deciso per i trattamenti dei parlamentari europei, è utile non perdere un allineamento o un riferimento, per le remunerazioni politico-istituzionali, a quanto si fa in altri Paesi europei.

Infine, si dovrebbe riflettere sul costo considerevole di incarichi aggiuntivi cumulati da dirigenti pubblici – nazionali e locali – e autonomamente compensati: consigli di amministrazione e collegi di revisione dei conti, per citare solo i casi più frequenti. Chi vi è nominato perché dirigente pubblico dovrebbe, a mio avviso, ritenere l’incarico una componente del suo impegno istituzionale, senza un ulteriore specifico trattamento retributivo (salva, magari l’indennità di missione se occorrono spostamenti dalla sede di residenza).

Moderazione, serietà e sobrietà – senza demagogia – sono la ricetta imprescindibile, anche in vista di una manovra che dovrà essere rigorosa, cui dovrà farsi riferimento affinché la politica non paghi sempre per ultima un costo che gli italiani dovranno pagare per la stabilità del Paese”.

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Pubblicato da Lucrezia Pagano il giorno 24.6.11. per la sezione , . Puoi essere aggiornato sui post, i commenti degli utenti e le risposte utilizzando il servizio di RSS 2.0. Scrivi un commento e partecipa anche tu alla discussione su questo tema.

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